324 mente a questo disperso asilo di profughi la struttura di città. Il muro, eretto a sua protezione verso la fronte marina, assicurava la sua difesa, ma concorreva al completamento della figura dell’ urbe. Esso riuniva ad unità i piccoli territori, sopra i quali era passata la paziente opera bonificatrice degli uomini, e, collegando Rialto ad Olivolo, disegnava manifesti lineamenti della civitas. I frammenti insulari reciprocamente estranei, con nome e vita propria, compenetrati insieme davano vita a essa. La parola del cronista non lascia luogo ad equivoci. Una città, s’intende, non si costruisce per artificio magico, nè in un giorno, nè in un anno : è il risultato dell’opera tenace degli uomini e del tempo. Ma il cronista, evocando retrospettivamente lunga fatica, coglie l’attimo, nel quale in uno sforzo supremo l’opera arriva a compimento, rivendicando a buon diritto nome adeguato alla sua figura Rialto non è più isola, ma città. Essa aveva cumulato tanti requisiti, che virtualmente la predestinavano a tale funzione, con visibile distacco dalle consorelle della laguna. Mancava forse, fra tutti, quello territoriale, che per spazio e figura, esteriormente, consacrasse la corrispondente fisionomia. Anche questo, indice del grado di sviluppo e della sua maturità, era un elemento indispensabile a completare la struttura politica della città. 6. — Un profondo senso di mestizia si diffondeva con tormentosa angoscia tra l’anonima folla all’annuncio della morte del virtuoso duca, intorno al 910 (1). La serenità di visione del presente e deU’awenire non era turbata. Nessun desiderio di novità faceva capolino. I frutti di una più che ventennale esperienza di pace e di raccoglimento ammonivano. L’eredità politica del defunto capo non doveva esser dispersa in moti convulsi. Il voto popolare con unanimità di consensi, superando le ambizioni famigliari, acclamava chi per esperienza e saggezza dava garanzia di risparmiare allo stato l’incognita di avventure o il tormento di lotte intestine (2). (1) Iohan. Diac., Chronicon cit., p. 131 : et mortuus est sepullusque in Sancii Zachariae monasterio ; de cuius funere non mod ice Yenetici condoluerunt. (2) La successione non fu automatica. Dei due presumibili figli, Domenico