74 Giuseppe Castelletti personalità in organismi quali la tribù e mai in gruppi più grandi, e ciò soltanto per potere nell’unione con altri suoi simili essere più idoneo a difendere la propria libertà, pronto talora ove la necessità di tale difesa cessasse, a sottrarsi al vincolo di associazione per tornare in uno stato di quasi isolamento. Recando quindi la propria individualità ad adattarsi alle individualità dei suoi consanguinei, il montanaro non intese in realtà sacrificarla, ma soltanto organizzare e rafforzare la costituzione di un gruppo al quale egli sopratutto si sentiva richiamato più che altro per l'impulso di forze naturali, e nel quale vedeva quasi un perfezionamento di se stesso. Ma nei tempi ormai lontani dai nostri come anche in parte negli attuali, l’Albanese considerò come estranei, quasi come stranieri, tutti gli individui che vivevano al di fuori della sua tribù o del suo paese, nelle quali forme di associazione funzionava vigoroso e sentito come elemento di coesione una vera o creduta consanguineità. Il montanaro, nè agricoltore, nè conquistatore non trovò nè lotte comuni nè colle comuni fatiche su campi comuni, una forma di coesione, ma si sentì sopratutto vicino e si legò con chi apparteneva (o credeva appartenesse) al suo stesso sangue, vedendo nella comunanza di questo la ragione vera per rendere comune con altri la propria vita e la propria attività onde realizzare il vero ed unico scopo della sua esistenza e mantenere integra la propria libertà! Costretti in territori limitati da aspri ostacoli naturali, abituati ad una vita quasi barbara, che non offriva che un continuo e monotono ripetersi di fatti col-legantesi in rapporti pressoché simili, tra di loro, tali montanari ebbero naturalmente sviluppato in loro un senso più statico che dinamico della vita.