66 Giuseppe Castelletti cioè, alla vendetta) alla famiglia di quello, dall’altro invece c’è una speciale regolamentazione dell’omicidio volontario che viene a togliere ad esso il carattere di reato quasi per tentare di estirpare in questo caso l’applicazione inumana del principio « sangue per sangue ». Quindi le due norme succitate si pongono realmente a due estremità opposte e contradicentesi nella scala delle sanzioni per i reati di sangue, e ove dovessimo ammetterle come prodotte da un solo legislatore o da pochi legislatori, agenti su una stessa traccia, dovremo necessariamente accusare questi di contraddizioni inesplicabili. Ma se invece ammettiamo che tutte le norme del Kanun Dukagijni sono solo norme consuetudinarie nate in tempi diversi, sotto l’influsso di stati diversi di evoluzione morale ad opera di autori differenti, e per lo più ignoti, l’ipotesi dei contrasti inesplicabili sparisce. Allora infatti la contraddittorietà delle norme si spiega colla differente loro posizione nell’evoluzione morale della Società. Mentre infatti la prima norma, più severa, quasi barbara, della vendetta nel caso di responsabilità oggettiva, è solo l’espressione di un momento più antico, quello forse della prima applicazione dei principio del taglione portato ai suoi estremi, l’altra invece si dice lo sforzo del diritto a trasformarsi verso criteri più umani e più giusti. Dato ciò il Kanun Dukagijni non ha avuto nè uno, nè più legislatori ma è nato solo dall’opera popolare continua, e per lo più ignota, procedente coll’evolversi della coscienza sociale. D’altro canto ciò richiama un’altra rifllessione. Se dovessimo ammettere che tali norme siano state solo delle leggi dettate da un capo quale Alessandro Dukagijni, o da un gruppo di capi bisognerebbe negare assolutamente loro quel carattere di consuetudini che in