Consuetudini nelle montagne albanesi, ecc. 65 prendendo come fosse necessario, per mantenere tranquillo il popolo assoggettato lasciarlo vivere secondo le sue più care e sentite costumanze sociali e giuridiche. Ammesso dunque che la raccolta delle consuetudini possa in qualche modo riallacciarsi alla persona di Alessandro Dukagijni occorre vedere quale sia la sua reale opera rispetto al Codice. Fu egli, insomma, un legislatore o un codificatore, o piuttosto soltanto un buon applicatore delle consuetudini vive in mezzo al suo popolo? Secondo il mio punto di vista Alessandro Dukagijni non fu un legislatore. Se infatti le norme che noi possediamo fossero una creazione sua o almeno fossero dovuti ad un gruppo di legislatori agenti in diversi tempi ma sempre sulle trac-cie di lui che avrebbe iniziato l’opera, esse dovrebbero presentarsi a noi dotate di una certa armonica logicità, e di una certa disposizione organica che invece manca loro in più punti, anche nei più importanti e fondamentali, tanto da farci ritenere, ove si voglia sostenere l’ipotesi del legislatore, o del gruppo di legislatori, che costoro abbiano voluto appositamente creare delle contraddizioni nel loro lavoro. Esaminando, ad esempio le norme che riguardano la vendetta, le quali in sostanza sono tra le più importanti e formano una delle principali basi del sistema penale del Kanun si ha la conferma di quanto ho già detto. Da una parte, c’è nel Kanun, il principio « sangue per sangue » che dovrebbe dare la misura fondamentale per tutte le norme che attengono a tale forma di barbara giustizia e che giunge nella sua ferrea e matematica applicazione ad ammettere che il padrone del fucile, il quale cadendo casualmente ed esplodendo provoca la morte di un individuo, debba il sangue (sia soggetto, Studi Albanesi, III-IV. 5