Consuetudini nelle montagne albanesi, ecc. 143 e la sua formula semplice e pur giusta, mancava la possibilità che esso diventasse uno strumento di danno per la stessa persona che ne faceva uso (Nemo tenetur pro-dere se ipsum — come dicevano i Romani). La coscienza popolare era poi tanto sicura che il giuramento fosse una vera espressione dell’animo del creduto colpevole che vietava di fare pressioni di qualsiasi genere su di lui, dopo che aveva prestato il giuramento, onde cercare di sapere presso chi si trovasse la refurtiva. Se grande era la fiducia concessa dall’opinione del derubato e di tutti i consociati a tale giuramento, ugualmente grande era la forza con cui veniva colpito lo spergiuro. Innanzitutto costui era tenuto a fare atto di umiliazione chiedendo perdono a Dio e versava un’ammenda alla Chiesa : ma inoltre, colpito dal disprezzo dei consociati e minacciato dalla vendetta della persona alla quale aveva giurato il falso, la sua vita diventava impossibile e ben spesso cadeva sotto i colpi del suo accusatore di un tempo. La posizione di spergiuro era così grave che si pensi che il semplice fatto di chiamare un individuo con tale nome era, ed è ancora, sufficiente a scatenare una vendetta di sangue se ciò non era vero. Il giuramento solenne. Il giuramento solenne era invece in uso, e se l’accusa verteva su di un omicidio o furto grave, o se l’accusato si rifiutava di sottoporsi al giuramento privato, o se era persona degna di poca fiducia (uomo — come dicono le consuetudini — che abbia il giuro in tasca!). Tale istituzione fu mantenuta in vigore fino a tempi as-