136 Giuseppe Castelletti furtiva, si dava luogo a quei giuramenti solenni o privati di cui faremo poi parola. Per alcuni furti caratterizzati da speciali circostanze, le consuetudini erano più severe. Così nei furti di bestiame alla sanzione comune si aggiungeva una forte multa a favore dei capi del gruppo ed uguale aggravamento era previsto per i furti commessi con lo scasso della porta di casa o dell’ovile. Ma dopo questi casi molti ve n’erano invece che considerati piuttosto come offesa all’onore portavano come conguenza l’omicidio. Tale il furto d’armi in pubblico (di cui parlammo), tale la rapina. Vi era una forma di rapina che veniva considerata come una forma di normale attività. Era questa la rapina esercitata da bande, regolarmente organizzate, nelle strade di maggiore traffico, come la carovaniera che partendo da Scutari, per la valle del Brin e Puka, va in Serbia, seguendo presso a poco il tracciato della strada romana da Lissum (Alessio) a Naissum (Nisch). In questi casi non si faceva certamente questione d’onore, e quindi la lotta contro i rapinatori si svolgeva più che altro con le caratteristiche proprie di una lotta contro dei comuni briganti di strada. Il vero reato di rapina — che più può interessare al caso nostro — era quello che avveniva allorché una persona costringeva un’altra, sulla strada pubblica, e con violenza, ad abbandonargli le proprie cose. A parte il fatto che tale reato appariva anche grave da un punto di vista generale poiché offendeva « le... strade » come dicono le consuetudini, cioè ne toccava la sicurezza, esso rappresentava un grave danno per la vittima costretta a sacrificare, in cospetto di tutti i consociati, la pienezza della sua libertà morale e materiale di fronte alla violenza dell’attacco del suo avversario.