152 Giuseppe Castelletti giudici ». In tal modo si veniva a riconoscere l’autorità degli arbitri e si prometteva di accettare il loro giudizio. Ora ciò non era che l’avanzo di quello che dovette avvenire un tempo quando, svolgendosi tra contendenti una vera lotta, questa era arrestata dall’intervento di uomini anziani e saggi, che fattisi consegnare le armi (e nella simbolica consegna di armi, anche senza lotta precedente, ciò era ancora vivo) cercavano di accordare gli avversari, dal che poi doveva seguirne nel corso dei tempi il vero sorgere ed affermarsi di un potere giudiziario. Le consuetudini esistono anche sul carattere che ha il pegno di volontaria sottomissione poiché secondo quelle è impossibile rifiutare il giudizio o cercarne un altro: « se non ti conviene la sentenza dei giudici da te accettati non puoi ritirare il pegno nè chiamare altri a giudicare » dicono le consuetudini. E’ ammesso però il cambiamento dei giudici quando i due contendenti non accettano unanimemente la sentenza dei giudici. Allora i contendenti possono cambiare fino a tre giudici diversi, ma al terzo debbono arrestarsi necessariamente e siccome il pegno passa successivamente nelle mani dei vari giudici scelti, e la sua presenza indica sempre accettazione volontaria di sottomettersi al giudizio degli arbitri : arrivati al terzo giudizio essi dovranno necessariamente accettarlo. E’ notevole perciò la struttura di tale istituzione che messa in funzionamento deve necessariamente raggiungere il suo fine di realizzare una soluzione della contesa al di fuori e al di sopra d’ogni privata contesa. Per ciò esso dovette risultare efficacissimo nello sforzo, palese in tutte le consuetudini, di spostare tutte le contese dal campo privato in un ambito superiore,