122 Giuseppe Castelletti donna che colpita dal disprezzo dei consociati, finisce per darsi essa stessa la morte. A ben guardare, la regolamentazione dell’omicidio per adulterio risponde a dei criteri di pura e perfetta equità. Infatti la vendetta è pienamente legittima, o quasi, anche agli occhi dei parenti stessi degli uccisi ove l’omicidio avvenga in seguito a scoperta in flagrante e non lo è negli altri casi. Ma nel primo caso si pensa che il marito o il padre o il fratello, posto crudamente e vivamente dinanzi allo spettacolo della vergogna, non possa reagire ai sentimenti eccitati, e trascinato solo dall’eccezionale stato del suo animo, uccida in condizioni di non perfetto equilibrio mentale che da solo lo giustificano, negli altri casi, pensando invece che il tempo trascorso tra l’eccitazione e la reazione doveva essere sufficente a ridurlo in uno stato di maggiore serenità, si vede una maggiore malvagità nella sua anima e contro quella si ammette che riprenda ancora vigore il principio fondamentale della vendetta « Sangue per sangue ». Negli altri reati contro il buon costume impera sempre il principio dell’assoluta indipendenza dall’intervento dell’autorità dei capi. Rimasti così i delitti soltanto nell’ambito dei loro soggetti attivi e passivi si distingue il reato di violenza carnale dal reato compiuto dalla donna che con piena volontà si dà ad illeggittimi amori. Nel primo caso il padre, i fratelli, il marito, o i figli, se la donna è vedova, hanno diritto ad uccidere il seduttore, ma ciò può sempre assoggettarli alla vendetta della famiglia dell’ucciso. Nel secondo caso, cioè di donna datasi ad illeggittimi amori di propria volontà, l’omicidio è raro per il principio su accennato che non si vuole portare mai le armi sulla donna, ma la donna è punita con il bando che la costringe spesso al suicidio