116 Giuseppe Castelletti sore alla famiglia dell’ucciso, e garantito, per la sua esecuzione da altri garanti (i garanti del prezzo del sangue). E’ importante notare che in caso di composizione una parte del prezzo del sangue va al Kapidan, o al Bu-lukbashi, ripetendo in ciò l’uso del guidrigildo germanico di cui una parte (il fredun) andava a favore del Re. Al banchetto del sangue seguiva la « Vellazen e gjakut » (fratellanza del sangue) che serviva a consacrare l’awenuta pace. Un membro della famiglia dell’ucciso ed un membro della famiglia dell’uccisore, riempito un bicchiere di raki (grappa) e feritisi con la punta del pugnale il polpastrello versano, ciascuno, goccie del proprio sangue nel bicchiere. Rimescolati i bicchieri, passatevi sopra le mani in croce, si scambiano quelli bevendo, così, ciascuno del sangue dell’altro. Con tale atto le due famiglie sono legate indissolubilmente affratellandosi « come se uno fosse il padre e l’altro la madre » — come dicono le consuetudini. Il richiamo al vincolo del sangue, e la riproduzione artificiale di questo e la possibilità di creare uno stato, non di sola quiete, ma di fratellanza tra uomini fino a pochi momenti prima in lotta fra di loro, sono la prova di quello che effettivamente valeva il vincolo del sangue tra le popolazioni delle Montagne Albanesi. La cerimonia della pacificazione si concludeva infine con la Kryqi nè derè (la croce sulla porta). I parenti dell’ucciso cioè, impugnata un’ascia, intaccando con questa il legno, sulla porta dell’omicida perdonato, tracciano una croce di legno in segno di perdono, di fratellanza... e di protezione.