La stampa il tizia, per il caso nostro importantissima, che il codice in questione faceva già parte della collezione Pinelli, prima del suo ingresso all’Ambrosiana; e allora dove va a finire il secolo XVII del Lambros e del Salavilley A tutto questo sarà bene aggiungére un’altra osservazione, che se è sfuggita al Lambros e non è stata fatta dal sullodato S. Salavi He, difficilmente sarà stata omessa dagli Autori del Catalogo e dal Borgia; eccola: Il testo più breve Crishti u ngjàl (vedi tav. C) nel manoscritto viene riprodotto a linee intercalate col testo greco originale, distinto in tanti membri o frasi quanti sono quelli del testo originale; in fine di esso si legge: mancano tre sillabe. Il Lambros, e me ne duole per il Salaville, fissato nell’idea che il foglio fosse stato mozzato, alle dette parole dà questa spiegazione: a motivo del taglio del margine nella rilegatura del codice, sono venute a mancare le lettere da aggiungere nelle parentesi, e quelle che mancano alla fine della versione albanese! Il Borgia ha dato quattro lezioni del testo tradotto : una nella riproduzione fotografica (tav. B, pag. 26); una seconda nella trascrizione fedele con caratteri greci del testo fotografato, pag. 27 ; una terza ripetente la stessa trascrizione con i segni diacritici, pag. 28; e una quarta infine con l’alfabeto corrente, pag. 29. Le abbiamo lette tutte con ogni attenzione e non una sillaba sola ci risulta mancante nel testo, portata via dal taglio della pergamena! Evidentemente il Lambros non conosceva abbastanza la lingua albanese, diversamente non avrebbe scritto tante inesattezze, e all’avvertenza relativa alle tre sillabe mancanti avrebbe dato senza dubbio il significato dato dal Borgia, il quale a pag. 32 scrive: cc Dalla ripro-« duzione grafica del testo (v. tav. C) si scorge facilmente