La questione della lingua 13 tane ordinariamente non siano che versioni dal greco, come ad esempuio quelle del Cristoforidis dalla Bibbia, il suo piccolo compedio di Storia Sacra ed altre posteriori, non poche. Intanto, fatta qualche discreta eccezione per queste ultime produzioni, le opere più sopra indicate oggi riescono di difficile intelligenza. Del Missale di Buzuku si sono occupati ultimamente i padri Francescani di Scutari (1): ne hanno dato larghi tratti, ma, per renderli accessibili a tutti, sono stati costretti a porre a fianco del testo originale la trascrizione nella lingua corrente e a piè di pagina delle note varie esplicative: era l’unico mezzo onde renderlo intelligibile. È stato un buon lavoro, per quanto limitato a poche pagine, e sebbene vi sia qua e là da correggere qualche forma o qualche trascrizione non compieta-mente esatta, pure anche cosi si leggerebbe volentieri tutto il testo, reso facile e alla portata di tutti per le cure dei benemeriti editori. Ma evidentemente negl’intenti di valorizzare tutto quel materiale a scopi scientifici glottologici, il lavoro dei Padri Francescani non può bastare: per riavere gli elementi genuini della lingua che a loro volta dovrebbero venire ad arricchire il vocabolario albanese : per correggere in base di esso le forme grammaticali che parzialmente vi si salvano; e per l’eventuale sfruttamento loro nelle composizioni di nuovi vocaboli, occorre uno studio filologico profondo su di esso, ed è precisamente quel che ancora non si è fatto. L’insufficiente conoscenza della filologia della lingua albanese infatti, e spesso la facile (1) In Hylli i Dritès, a cominciare dal primo numero del 1930 e segg.; in volumetto a parte è uscito con lo stesso titolo : Monumenti mà i vjetri i Gjuhès Shqype. D. Gjon Buzuku. Shkodér, 1930.