Nell’Albania di trent’anni fa 75 sura indispensabile di giustizia, come un dovere. Inoltre bisogna convenire che se non ci fosse stata questa legge quando l’autorità superiore di uno Stato più forte non avesse garantita la sicurezza pubblica, i delitti si sarebbero moltiplicati senza nessun ritegno. In una società primitiva o pagana si poteva certamente considerare come una legittima tutela e un freno necessario contro una debaccante anarchia. Il male non stava precisamente in chi si cercasse una riparazione cosiffatta, per quanto tragicamente triste e deplorevole, ma nella legislazione stessa, o meglio nelle condizioni generali dello stato in cui non c’era un’autorità centrale che revocasse a sè l’esame delle cause penadi e le sanzioni della giustizia. Per quanto questa fatta su tali basi e per tali vie aprisse la porta a molti e terribili abusi, pure era effettivamente una forma di giustizia che aveva l’appoggio dell’unica legislazione in vigore. Ciò fu colpa dei tempi, e anche in questo caiso per chi tenga presente le terribili condizioni in cui ebbe a trovarsi l’Albania, e, in Albania, il nucleo cattolico delle montagne che dovette la sua salvezza al suo isolamento disperato e eroico a un tempo, non vorrà certo scagliare una pietra come contro un grande colpevole. Il Cristianesimo evidentemente, portando uno spirito nuovo di mitezza e di perdono, che fondamentalmente riposa sull’umiltà e sulla rassegnazione, almeno, se non sulla tendenza positiva verso l’immolazione e il sacrificio, non poteva approvare la legge del sangue, e considero sempre come un delitto, oggettivamente, l’atto di chi se ne servisse, ma bisogna certamente ammettere chc dal punto di vista morale, quando in casi particolari non c’entrassero degli abusi in frau-dem legis, vi erano delle fortissime attenuanti. È condannevole, certo, anche il sentimento, vorrei dire paganamente esagerato del proprio onore e riputazione, ma