82 P. Fulvio Cordignano colori romantici. In questo differisce essenzialmente dalla ricchissima e fantasiosa poesia slava, e si avvicina invece alla lirica e alla tragedia greca. Accenno a questo poiché mostra un aspetto psicologico e spirituale della uniformità e monotonia di cui parlavo sopra. Ciò che le rompe sono gli avvenimenti che ho indicato, e non ve ne sono altri nel carso normale della vita. La religione coi suoi riti e con le sue celebrazioni, non è riuscita a occupare mi posto capitale, e a introdurre una tappa nella vita. Ed è singolarissimo che la religione non sia mai si può dire oggetto dei canti di questo popolo, se non come motivo di qualche azione di vendetta religiosa, o rara invocazione di Dio o di un Santo popolare. La religione entra poco o nulla come spirito informatore della vita poiché nè il catechismo nè le lezioni della liturgia sono entrate nella coscienza pratica e nella intima consuetudine; la liturgia serve più che altro a segnare il calendario, le divisioni dell’anno relativamente al ricordo dell’avvenuto o al debito di quel che resta da fare via via secondo le date e secondo le stagioni. Bisognerà dire allora che il montanaro o il contadino di Albania passano la vita senza emozioni e senza gioie? No, questo non si potrebbe dire. Anche l’Albanese delle montagne ha le sue profonde emozioni e le sue grandi gioie. Non parliamo della madre che vive della vita dei figli e del marito e prende vivissima parte ai loro successi e ai loro infortuni. Bisogna leggere o sentire i canti popolari quando esprimono i sentimenti irrefrenabili di gioia del cuore materno quando a un figlio o al marito riesce un colpo fortunato che salva l’onore loro personale e quello del casato. È una foga potente di affetto che erompe impetuoso in frasi mirabili di forza e di bellezza. Forse quello che è consacrato dall’uso come in occasione di nozze o delle così dette feste degli amici