84 P. Fulvio Gordignano non risparmia parole di laamento e di fier avversione a chi governa non per edificare ma per distruggere, ma è sobrio quanto mai nell’esprimere il suo dolore per una perdita amara, per un colpo che l’ha ferito nel profondo. Quel che si fa in occasione di qualche morte, i pianti chiassosi e tradizionali sono obbligatori, sebbene esprimano con tragica rudezza e immagini vigorosissime lo chianto e il laceramento dell’animo. Ma allora soltanto è permesso ciò; nel resto la madre sopporterà come una Niobe rediviva la perdita dei suoi figli, e il marito si contenterà delle condoglianze del « fis » e degli amici. È noto che nei rapporti sociali degli Albanesi il complimento e il saluto in svariatissime forme e quasi tutte singolari per l’orecchio di uno straniero, sono di prammatica. Ciò non è per simulare i veri sentimenti, che pure può avvenire e avviene di fatto molte volte, ma forma parte del garbo cavalleresco e della corretteza sociale di persone che si rispettano anche quando si odiano. Certo molte volte sotto le forme convenzionali del buon garbo esterno cova l’odio più tenace e più implacabile. E questo usa scoppiare e sfogarsi nelle maniere più tragiche e guando imo meno se l’aspetta. Ma di ciò quando è conforme alla legge del sange, l’Albanese non suole lamentarsi, ma solo se ne guarda quanto può. Egli riconosce quello che può fare e pensa a quello che probabilmente farà il suo avvesario, poiché egli la più parte delle volte farebbe precisamente lo stesso. La vendetta e la rappresaglia scoppia fiera e violenta in un momento. Non ci sono dichiarazioni di guerra in caso di contestazioni e di conflitti che sollevano una contro l’altra bandiera e anche ai governi più o meno fedeli al loro mandato e più o meno simpatici non si manda mai a dire quando si accenderà la miccia della rivoluzione. Solo tutti sanno e tutti se l’aspettano che ogni rappresaglia