Il viaggio di Giovanni V Paleologo in Italia e l’unione di Roma. 167 Reginae Siciliae) e all’imperatore titolare di Costantinopoli Filippo III di Taranto (Carissimo in Christo filio Philippo Imperatori Costantinopolitano) che era imparentato con le famiglie regnanti, all’epoca dell’impero Latino a Costantinopoli, di Fiandra e Courtenay. Riportiamo qui la lettera di Urbano V a Giovanna di Napoli : <( Alla carissima figlia in Christo Giovanna, gloriosa regina siciliana, salute! Noi riferiamo a tua Serenità, che il magnifico uomo Giovanni Paleologo, glorioso imperatore dei greci, i prelati, il clero, i monaci, la nobiltà e il popolo della Grecia, desiderando, come essi affermano, di ritornare all’obbedienza e all’Unione con la santa chiesa romana, hanno mandato al trono apostolico otto solenni ambasciatori di vario grado, insieme al rispettabile fratello nostro Paolo, patriarca di Costantinopoli e al nostro amato figlio nobil uomo Amedeo, conte di Savoia (1). L’imperatore sopra nominato ha proposto e promesso per la riconciliazione sua propria e per quella del popolo con la detta chiesa di venire nel prossimo maggio, personalmente al soprannominato trono con alcuni prelati, altri chierici e monaci e con persone della nobiltà e semplici ; o, nel caso, che qualche cosa lo dovesse impedire, che Dio ce ne salvi (egli ha promesso) di mandare il suo figlio maggiore. Perciò, visto che la detta obbedienza e riconciliazione, se essa sarà compiuta, coll’aiuto di Dio, avrà come conseguenza, probabilmente, la salvezza di molte anime, le quali, nel caso contrario, periranno, l’accrescimento è maggiore affermazione del cristianesimo, sottomissione degli infedeli e molti altri beni spirituali e materiali e siccome per questo scopo bisogna favorire e aiutare tutti i fedeli in Cristo, e particolarmente le persone altolocate, noi preghiamo moltissimo e esortiamo tua Serenità affinchè, per quanto è possibile, tu voglia interessarti a che al detto imperatore e al suo figlio maggiore, come pure agli altri greci e in generale alle persone, che verranno con essi o con uno di essi al detto trono, non sia causata alcuna offesa, danno o altro impedimento in terra o in mare da parte del Regno siciliano. A questo riguardo non negarmi di fare nel detto regno, dove lo riterrai utile, un proclama che serva a informazione di tutti con minaccia e imposizione di gravi multe e punizioni ; e inoltre non negarmi la cortesia di dare al patriarca e agli ambasciatori sopranominati, se essi verranno da te, un salvacondotto (litteras securi conductus ac fidantiae) per i detti sopra imperatore e il suo figlio maggiore e il loro seguito... Scritto a Roma, a S. Pietro (apud Sanctum Petrum), il 6 novembre, nell’anno sesto del nostro pontificato (Romae apud Sanctum Petrum, VlII Idus Novembris, pontificatus nostri anno VI (2). Nella lettera a Filippo di Taranto il papa pregava di dimenticare la precedente ostilità con gli imperatori greci e di non turbare l’unione desiderata dei greci, lasciando all’imperatore passaggio libero e sicuro (3). Come si vede dai messaggi del papa, egli aspettava l’imperatore a Roma nel (1) Di ciò si è già parlato sorpra. (2) Baronii-Raynaldi, a. 1367, p. 143-144. F. Chiusoli, Urbano V e Giovanna 1 di napoli. Documenti inediti dall’archivio Vaticano (1362-1370). Archivio storico per le provincie Napoletane. XX (1895) p. 598-599. (3) Bakonii-Raynaldi, p. 144: Rogatus quoque Philippus princepts Tarentinus, ne ob ve-teres sirnultates optatissimam graecorum conjunctionem disturbaret tutumque ac liberum com-meatum venienti imperatori daret.