Per l’Epistolario di Demetrio Cidone. 209 Ma vi ha di più. L’ottimo cardinale trattenendolo dal proseguire per Roma, donde esso era partito da pòco (’), gli disse di aspettare alquanto a Venezia perchè fra non molto i tiranni e i malfattori sarebbero stati messi a dovere, e allora « tu scioglierai senza difficoltà il voto, e con gaudio tuo e suo vedrai anche il padre comune, e ne riceverai ciò che merita un uomo come tu, di tanta virtù e sapienza » (2). Impossibile qui nelle parole del cardinale non vedere un accenno aperto al papa come residente in Roma o prossimo a venirvi. Ora questo è affatto inesplicabile nel 1353 e in ogni altro anno della cattività avignonese, ove non si discenda al pontificato di Urbano V che venne in Italia nel 1367 e vi rimase fino all’estate del 1370, oppure a quello di Gregorio XI che superando tutte le difficoltà vi ritornava nel 1376, risoluto a non partirne più. La seconda data è la vera. Il cardinale legato, così affezionato a Demetrio, che si trovò a Venezia quando egli vi sbarcava, risulta che fu l’arciprete di S. Pietro Francesco de’ Tebaldeschi, card, di S. Sabina, mandato colà da Gregorio XI nella primavera del 1376 ad ottenere dalla Serenissima le navi promesse per il trasporto della Curia da Avignone a Roma (3), e vi si affaticò invano. 11 (1) «al xaìq twv SXkmv totvuv [if5ouXaù; «ai xaic, toù Kan8r|vu?.iou itstcrfreig, «ai \iA-Xiaxo. xavxaiq, tò yào jxqò |n«gov ti'|v 'Po'»|ir|v Ixetvov djioXutBXv «ai to>v xe avcófri «ai tmv «ara ttjv ó8òv ehjceiqov elvat mOavcoTÉpa? (paivEotàai «ai xàq a.vxov nagaiveaeig ¿miei... (p. 16). (2) navTcos 8é, ÈXeyev, t)|ei zainóg, ov «ai Xiav èyyvc, slvat ndvxsg itEtfrófiEtkx, ote ... ajto-80)ce 15 |xèv «ai avxòg avev SvaxsQEÌag aneq eu|co toX? ànooxóhoig, xaigcov 8è %aÌQOYta «ai tòv «oivòv oi|)ei rcaréna, Tev'§r| 8è «ai uiv etxò? tòv «0£Tf| «ai aoipia toaaijTr| «E«oo[ir]névov (p. 15 fin.). II senso delle parole ó «oivò? jta-ciÌQ in bocca di un cardinale (e questo già basterebbe) e in un contesto, dove il cardinale è detto poco sopra jtapà xov ridirà ree¡xfp0e65, non può essere dubbio, come non lo è del pari nelle righe 57 e 73 della lettera 24 (p. 56 sg.), e similmente nelle linee 57-64 della lettera 26 (p. 62 sg.), dove prima leggesi tòv xoi/vòv jiatéga e poi tòv Ilditav. Altro sembra il senso nel contesto della lettera 6a, dove 6 «oivò? otaTT|Q appare uno residente non lontano da Costantinopoli e da Demetrio e abboccatosi con lui (v. la nota 4 della p. 207). (8) L. MIROT, La politique pontificale et le retour du Saint-Siège à Rome en 1376 (Paris 1899), p. 95: «1375, 18 avril... donec fiet requisitio per dominum cardinalem cui predicta sunt commissa per dominum papam ... »; e più sotto, nella risposta del Senato al papa che aveva annunciato la cosa : « secundum requisitionem nobis fiendam per rev. dom. Franciscum, tituli S. Sabine presbiterum cardinalem, in nonnullis terris prò prefata Sanctitate et Ecclesia Romana vicarium generalem ». Francesco, da priore della basilica di S. Pietro fatto cardinale il 22 settembre 1368, si trovò il 17 gennaio 1377 all’ingresso di Gregorio XI in Roma (Vitae paparum Avenionensium, ed. Baluze e Mollat, I, p. 441), e l’anno dopo nel conclave di Urbano VI (in favore del quale testimoniò anche sul letto di morte; v. MARTENE, Thesaurus tiovus anecdotorum, II, 1090: « Item habetis confessionem et recognitionem illius sancii viri cardinalis S. Petri in articulo mortis ») fu, nonostante i suoi dinieghi, presentato come papa ed acclamato dal popolo Romano [Vitae paparum Aven., I, 446 sgg.; PASTOR, Geschichte der Pàpste, 1, ed. 5-7, p. 124; vers. A. Mercati, I, 109). Egli era allora (avrebbe detto in conclave un cardinale zelante (!) dando il cattivo consiglio) «persona antica e per gli suoi anni sorda, et impotente della persona» (ANDREA GATARO in Muratori, Rerum ital. Scriptores, XVII, 372), e moriva il 6 settembre successivo, beneficando la basilica vaticana, che « amò molto » (v. Necrologi.. . della provìncia Romana a cura di P. EGIDI, I, p. 248-249). 14