Le vedute di Costantinopoli di Cristoforo Buondelmonti 255 chiesa che il nostro viaggiatore indica come Chiramas (= Nostra Signora) e che porta infatti tale nome nella pianta del Rossiano, nei disegni dei tre codici parigini e più esattamente specificata per la famosa Madonna detta Odigitria. Così quel porto del palazzo imperiale del quale tace la redazione maggiore e che nella minore e indicato per lo più come « portulum imperatoris dicti », soltanto nel testo datoci dal Ducange diventa « portula imperatoris », e tale variante è rispecchiata esclusivamente dal disegno Laurenziano (porta olim palatii imperatoris), il cui testo tia invece « portulum », come tutti gli altri. E così via. E quanto agli edifici di cui troviamo ricordo nei vari disegni, e manca invece qualsiasi menzione di essi nel testo delle due redazioni del Liber insularum, basti citare le varie porte della città (Piscarie, Judee, sancti Romani, Camidi (1), sancii Johannis, e Messi, nonché la porta antiquissima et pulcra (2), il portus destructus preceptu Turcorum, le chiese di S. Marta e tutte quelle di Pera (3), il diplochio-ni eoe., la domus Constantini, la domus pape (4), ¡1 palatium imperatoris alle Vla-cherne e finalmente il palatium chir Luca (5). * * * Come avviene per il testo Buondelmontiano, ove le scorrezioni, specialmente nei nomi di luogo, costituiscono la disperazione degli studiosi del geografo fiorentino, così i disegni che accompagnano la sua trattazione rigurgitano di spropositi di ogni latta nelle diciture che designano i vari monumenti. In parte sono nomi già corrotti dal volga e sopra tutto dall’elemento italiano che frequentava Costantinopoli, oppure malamente capiti o addirittura fraintesi dai primi autori di quelle planimetrie; ma per la più parte si tratta invece di responsabilità dovute ai successivi loro copisti e trascrittori, che, interpretando a sproposito le leggende delle varie carte, e aggiungendovi vuoi per noncuranza, vuoi invece (1) K certo una corruzione di grafia della porta di Carisio (Cfr. A. Mordimann, Esquisse ‘il-. Pag- 37)- (2) Intorno ad essa ed alle questioni che le si collegano, cfr. G. Gerola, Porta Autea, porta Aureola, in « Atti del R Istituto veneto di scienze, lettere ed arti », voi. LXXXIX, Venezia, 1930. (3) Esse sono contenute specialmente nel disegno del codice Parigino 2383, che per tale predilezione e per la aggiunta finale nel testo della descrizione di Pera possiamo supporre dovuto a qualche Genovese. (Quanto alla identificazione delle chiese che il disegno indica soltanto colle iniziali, cfr. E. Dallegio D’Alessio, Nomenclature des egìises latinefs de Galata, in « Echos de l’Orient », anno 29, Paris, 1926, pag. 21 segg. e 308 segg). (4) Verosimilmente si intende alludere alla domus Horsmidae, che faceva parte del grande palazzo, scambiandosi l’Orsmida fratello del re di Persia col papa di egual nome vissuto nel secolo VI. Di tale opinione è pure il Mordtmann. (5) Deve trattarsi della abitazione privata di qualche maggiorente di nome Luca, forse genovese o comunque italiano, di cui il disegnatore amò tener nota. Un Luca Notara nobile genovese riceveva nel 1443 un salvacondotto per abitare a Pera ; un Luca Cattaneo pure di Genova era a Pera al momento della conquista di Costantinopoli (L. F. Belgrano, Documenti cit., anno XIII, Genova, 1884, pag 207 e 270).