Le vedute di Costantinopoli di Cristoforo Buondelmonti 259 123, che vanno quasi sempre di pari passo (1); talvolta anche i due Parigini 4823 e 4825 (2). Ciò fissato in via di massima, alla classificazione qui proposta non deve tuttavia attribuirsi significato generale e valore assoluto, in quanto che è dato sorprendere ulteriori interferenze fra i manoscritti delle famiglie diverse. Che se ciò si spiega naturalmente quando si tratti della persistenza della lezione originale, o quando si sia di fronte ad ovvie correzioni o restituzioni congetturali del copista, il fenomeno della coincidenza di uno stesso errore in manoscritti di famiglia diversa non si può esplicare invece se non ammettendo ulteriori e più complicati rapporti fra i codici stessi (3). Del che toccheremo di bel nuovo nell’appendice. Qui non è nostro assunto di addentrarci ulteriormente nella spinosa questione della genealogia dei manoscritti Buondelmontiani, là dove i punti fondamentali fin ora esposti sono sufficenti allo scopo della dimostrazione che ci siamo assunti. Riepilogando il fin qui detto, e limitando di bel nuovo il nostro esame ai soli sei codici già presi in considerazione nei riguardi delle vedute Costantinopolitane, dobbiamo concludere che, dal punto di vista del testo, innegabile rapporto esiste fra il Laurenziano ed il Fiorentino Nazionale II. II. 312 da un lato e fra il Rossiano 702, il Marciano XIV, 25 ed i due Parigini 4825 e 2383 dall’altro. Queste conclusioni, messe a raffronto coi risultati raggiunti dall’esame dei disegni ad illustrazione della città, ci offrono l’ultima riprova della indipendenza delle vedute dal rispettivo testo. E di fatti dei tre codici che contengono la redazione maggiore e dai quali ci saremmo attesi le più ampie e particolareggiate planimetrie di Costantinopoli, soltanto il Classense contiene una iconografia che, senza essere delle più ricche, è tuttavia provveduta di sufficienti dati; l’Ambrosiano ha un disegno che, per essere incompleto, è quasi nudo; affatto schematico ed inconcludente il Marciano X, 125. (1) Essi soli hanno tractabimus (invece di pertractabimus) ; et ultra supra menia amplissima (invece di et ultra juit supra menia amplissimum) ; specum,.. circumseptum (invece di speculum circumspectum) ; volo (invece di velltm) ecc. Fra i due sembra più corretto il Marciano, il quale p. e. porta Trinachie, donde per falsa lettura deriva il Ttinadie del Rossiano. (2) Quivi soltanto troviamo ad lesam Constantinopolim (in luogo di ad lesam nunc Constantinopolim) ; e quivi (e nel Parigino 2383) la variante Condor cali. Da essi è mantenuta la esatta lezione et de totius insule (contro la variante et tutius insule degli altri codici di quel gruppo). Ma inon sempre neppur qui : laddove quel codice Parigino 4825 coincide generalmente non più col Parigino 4823 ma col 2383 nell’anticipare — secondo l’usanza del Buondelmonti — la preposizione « que » (come in domineque iuvencule, teriiaque quarta, dirutaque amplissima, sapientieque honestatis, ignorantiamque dutitiem ecc). (3) Cosi ad esempio la lezione certamente meno corretta di Trinaclie (invece di Trinacrie) che vedemmo in due codici dell’ultima classe, ricorre pure nel Fiorentino II. II. 312, che appartiene ad altra famigliai. Cosi la variante meno sostenibile di mirabiles ecclesie (in confronto di innumerabiles ecclesie) fa capolino soltanto nel Parigino 2383 dell’ultima classe, e nel Parigino 4824 dell’altro gruppo. Cosi i 68 cubiti, invece dei più attendibili 58 degli altri codici, per l’obelisco Costantinopolitano, ci sono dati unicamente da due codici di classi diverse, il Marciano XIV, 25 ed il Fiorentino II. II. 312.