Il Caronte bizantino 55 è la cosidetta leggenda dei Tre Vivi e tre Morti, eh’ era una leggenda popolarissima nel medio evo, le cui varianti e rappresentazioni artistiche sono conosciutissime in Italia, in Francia, in Germania, in Inghilterra, in Olanda ed in Danimarca (1). Nel prototipo di questa leggenda tre re cacciatori si presentano ad un re morto che ricordando loro la caducità del genere umano, li esorta a pentirsi. Al secondo gruppo appartengono i versi cosidetti « Vado mori », il cui testo più antico si conserva in un manoscritto Oxfordiano del secolo XIII. Ne furono pubblicate alcune varianti da L. Katona (2), C. Blume (3), W. Fehse (4) e W. F. Storck (5). In questi versi ci si presentano uomini di diversa professione (il papa, il re, il giudice, il soldato) e ciascuno di loro recita una strofa in cui si ripete il pensiero dell’implacabilità della morte. Il terzo tipo di questa poesia è un dialogo in versi. La Morte si presenta all’Uomo e comincia a conversare con esso. Tali dialoghi latini intitolati nei manoscritti « Dialogus Mortis cum Homine », « Altercatio Animae et Corporis », « Altercatio Viventis Hominis et Mortis » et « Tractatulus de gemitu et dolore mortis » ecc. ci sono rimasti in gran numero ed in diverse redazioni. Alcuni dialoghi sono già pubblicati; fra le edizioni debbo nominare quella di L. Katona (6) e quell’altra di C. Blume (’) uscite quasi nello stesso tempo. I versi latini ben presto furono tradotti in diverse lingue e divulgati nelle letterature dei popoli europei; così in Germania nell’anno 1484 ne fu pubblicato uno sotto il titolo « Zwiegespräch zwischen dem Leben und dem Tode » (8). Una traduzione ungherese si trova nel codice intitolato « Példàk Könyve » (Il libro delle parabole) (9). In che modo da questi tre elementi della poesia medievale sia sviluppata la danza della morte — come testo e come rappresentazione artistica — cioè la (1) K. KÜNSTLE, Die Legende der drei Lebenden und der drei Toten und der Totentanz, Freiburg 1908; W. F. STORCK, Die Legende von den drei Lebenden und von den drei Toten, Tübingen 1910; S. KOZÀKY, o. c. (2) L. KATONA, Kétkozépkori latin versezet règi magyar fordítdsa, Irodalomtörteneti Kozlemények, 10 (1900) 102-117. (3) C. BLUME, Pia dictamina (Anatecta hymnica medii aevi, XXXIII) Leipzig 1899, p. 285-286. (4) W. FEHSE, o. c. (5) W. F. STORCK, Das ‘ Vado mori ’, Zeitschrift für deutsche Philologie, 42 (1910), 422-428. Ivi si trova un elenco completo dei manoscritti. (6) L. KATONA, 0. c. - Katona per fare la sua edizione si è servito di quattro manoscritti del secolo XV, conservati a Monaco di Baviera, e di un altro trovato in un incunabolo del Museo Nazionale Ungherese. (7) C. BLUME, o. c., 287-288. - Blume aveva a sua disposizione un manoscritto viennese del secolo XV; cfr. H. WALTHER, Das Streilgedicht in der lateinischen Literatur des Mittelalters, München, 1920, pag. 81 ss. Ivi si trova un elenco completo dei manoscritti. (8) SEELMANN, o. c., 34; cfr. K. GOEDEKE, Grundriss zur Geschichte der deutschen Dichtung, I, Dresden 18843, p. 471. (9) Nyelvemléktdr, Règi magyar codexek és nyomtatványok, VIII, Közzitette Volf György, Budapest 1879, p. 110-112.