h. viaggio di Giovanni V Paleologo in Italia e l’unione di Roma. 187 polo turco », la completa espulsione di questo da tutte le regioni della Romania e cosa che sarebbe stata ancora più gradita al papa, la loro conversione al Cristianesimo. Tutti questi indicibili beni spirituali e temporali toccheranno i greci, se essi con cuore puro ritorneranno nel seno della chiesa cattolica. Nella conclusione del messaggio il papa non considera possibile permettere un concilio composto dei principali rappresentanti del clero latino e greco « da molti chiesto senza necessità », perchè la discussione di un concilio può soltanto complicare la questione religiosa. Intanto Giovanni Paleologo durante il mese di febbraio preparava la sua partenza da Roma, accingendosi a trasportare in Oriente le truppe raccolte in Italia grazie agli sforzi del papa (1). Queste truppe dovevano passare per Napoli e Taranto, e per ciò il papa pregava per iscritto la regina Giovanna e l’imperatore titolare Filippo di Taranto di giurargli di lasciare libero passaggio all’imperatore bizantino con le sue truppe at traverso i loro territori e di aiutarlo, rifornendolo di viveri, navi e di quant’altro fosse necessario, come anche nella preparazione della campagna contro gli infedeli (2). Nel medesimo tempo il papa pregava il re ungherese di dare aiuto a Giovanni (3. Nelle lettere del papa indirizzate all’imperatore in data 13 febbraio e 14 mar zo 1370 leggiamo, che il papa, cedendo alle preghiere di questi, preghiere dettate dal suo zelo devoto, aveva regalato a Giovanni V un’altare portatile col permesso per un prete latino di celebrarvi la messa e le altre funzioni divine secondo gli usi della chiesa cattolica (missam et alia divina secundum ritum, quem eadem Romana servat Ecclesia); ma la messa poteva essere celebrata soltanto all’alba (antequam illucescat dies, circa tamen diurnam lucem), perchè il sacrificio del Signore nostro Figlio di Dio, Gesù Cristo, il quale è lo splendore della luce eterna, deve essere compito non nel buio della notte, ma alla luce (4). Queste lettere, o per lo meno la lettera del 13 febbraio, danno motivo a pensare che il mese di febbraio l’imperatore l’abbia passato ancora a Roma, dove, evidentemente dietro sua domanda, gli fu dato il regalo del papa. Quanto alla lettera de! 14 marzo quasi identica, la necessità della quale non mi è chiara, essa potrebbe dare un certo fondamento a supporre, che Giovanni a quest’epoca, cioè il 14 marzo, si trovava ancora a Roma. Ma siccome egli era già arrivato a Napoli, nel suo viaggio di ritorno, il 18 marzo, mi pare che il termine dal 14 al 18 marzo sia troppo breve, sebbene non impossibile, per il trasferimento dell’imperatore da Roma a Napoli. In ogni caso, Giovanni V rimase a Roma fino al principio, e, forse anche, fino alla metà di marzo. E difficile dire con quali risultati reali l’imperatore partì da Roma e in che con- (1) Baronii-Raynaldi, a 1370, 4, p. 171 : adornabat reditum in Graeciam Paleologías, et copias, quas in Italia Pontificiis studiis collegerat, traducere in Orientem parabat. (2) Ibidem. F. Cerasoli Urbano V e Giovanna I di Napoli, p. 621. Vedi Magnan op. cit., Pag- 423- (3) Ibidem. Vedi Magna», ibidem. (4) Per la lettera del 13 febbraio vedi in Baronii-Raynaldi, a. 1370, 4 p. 171. Per il testo quasi identico della lettera del 14 marzo mi sono servito del manoscritto della Biblioteca Vaticana. Reg. Urb. V, an. Vili, p. 260, fol. 49.