148 Materiali lessicali e folkloristici Greco-Otrantini pu pelane ’s ti lattièra oti dndrati to prono, ce is ipe : — Pócca en è macd tuo pu télu na cdfsuite o dndra-sa ? En imo macd evó pu i ’o poddi cldfsi turni a/s epesamméni se èca-ma ia ? Cini sculuriane, en i%e pléo cardia ’na neghéfsi, ce. invéce pu on dndra-ti, pelisan cini mes ti luméra. buttano nel fuoco il marito suo primo, e le disse : — Dunque non è proprio, questo che vogliono bruciare, il marito tuo? Non ero proprio io che, per il troppo piangere di costui, da morta ti feci viva? Lei scolorì, non ebbe più cuore di negare, e invece di suo marito, buttaron lei nel fuoco. Mi narrò questo « cunto » (scrive in una nota, sul suo quaderno, il De Sanctis) una buona e cara vecchietta di Calimera, chiamata Vita Cordeddena. Abitava vicino casa mia e nelle quiete sere invernali veniva da noi e a noi bambini e grandi narrava, contenta, « cunti » sempre, sempre nuovi, e ci diceva ta traùdia ta òria, i canti belli, Dopo compiuto il liceo, iniziati i corsi universitari a Napoli, nelle vacanze estive del 1883 e del 1884, chiamai la buona vecchietta e trascrissi non pochi «cunti » e « traudia », e nel 1886 ne presentai un saggio al mio venerato Maestro, Michele Kerbaker, ponendogli la questione delle origini delle colonie greco-salentine. Il Kerbaker m’incoraggiò a persistere nello studio dei nostri dialetti, consigliandomi di recarmi nelle isole greche dello Jonio e di studiarne i dialetti fra 1 quali forse avrei trovato affinità rivelatrici. 1 casi della vita non me lo consentirono. SAGGIO DI TRADUZIONE DAL PETRARCA. In morte di Laura. Sonetto V. Che fai? che pensi che pur dietro guardi Nel tempo che tornar non potè ornai Anima sconsolata? che pur vai Giugnendo legne al foco ove tu ardi? Le soavi parole e i dolci sguardi Che ad un ad un descritti e dipinti hai Son levati da terra, ed è (ben sai) Qui ricercargli intempestivo e tardi. Deh non rinnovellar quel che n’ancide, Non seguir più pensier vago fallace Ma saldo e certo ch’a buon fin ne guide. Cerchiamo il del, se qui nulla ne piace, Che mal per noi quella beltà si vide, Se viva 0 morta ne dovéa tòr pace. ’S to pesàni tis Làura. Traudì pente. Ti canni? ti penséi? pu canoni Es lo cerò p’ e’ sàzi pléon ghiurisi, Fsiyédtla lipiméni? m’ 'o fisisi ’S ti fotia pu su ndfti dinati? 'Ci pu vdstas grarnméuo 's ti fsi/i Loia glicéa ce ório canonisi Xdsisa pu tu mésa, ce o volisi E’ se dulèi ’ti e’ sózzu’ pléon vresi. Fiche cino pu canni ’na ponùme Ce mas combónni, ce 'na prèsta pai; Ci pu 's culo mas pèrni culusùme. Votùme ‘s to Teó, tipo felà : Ittin ària mi Un dónta mài An iy^e pània ’nu mu dói pricà. Traduzione letterale. Che fai? che pensi? che guardi Nel tempo che non può più tornare Anima sconsolata? col soffiare Nel fuoco che arde, in te, potente? Quel che porti scritto nell’anima, Parole dolci, e dolce guardare. Si son perduti da questa terra, e il voltarsi (in dietro) Non ti giova, perchè non posson più'trovarsi.