Per l’Epistolario di Demetrio Cidone. 205 vecchio amico del padre suo, ora sovrano incontrastato, un impiego con cui sostentare la famiglia decaduta. La chiusa fa pensare che il Cantacuzeno, accogliendo il povero orfano, giovanissimo ma promettentissimo, l’abbia da prima messo accanto al figliuolo come un compagno di studi (e così si spieghi quell’ m mwbv xct0T|n,gpav), ma poi ben presto, conosciutane alla prova la straordinaria abilità e fedeltà, l’abbia sollevato all’officio delicatissimo di relatore delle suppliche, destando le gelosie e le mormorazioni degli anziani di corte, come racconta Demetrio nell’àpologìà prima. 2) Lettera 7 (p. 18 s.): « Anepigrapha. ca. 1354. Latinum opusculum quod ipse a latino in graecum sermonem convertit ad amicum mittit Noster, “ contra non legitimam legem”: nec ullum est dubium quin contra Palamam eiusque fautores scriptum fuerit, et fortasse ab ipso monacho Barlaamo post tertium [così] Synodum (27 maj. 13 51) quo [così] Palamae doctrinam ab Ecclesia orthodoxa et publice et privatim sequendam constitutum est : quod solemniter decretum et suf-fragiis sacratum in Ecclesia Sanctae Sophiae dicata (') Constantinopolitana in urbe». Si escluda del tutto Barlaam, morto verso il 1348 (v. «Studi e Testi», 30, p. 27). Si escluda altresì, se la lettera è anteriore al 1360, un’opera latina di un altro occidentale qualsiasi contro gli errori del Palama 0 contro un decreto di qualcuno dei primi concilii palamitici, perchè in Occidente, solo più tardi, verso il 1367, quando Urbano V lavorava per l’unione, si ebbe contezza e si cominciò a preoccuparsi di quegli errori, che rendevano più difficile ancora la causa della unione; e anche allora la si ebbe per denunzia di Greci Cattolici, come appare dalle memorie di Paolo patriarca latino di Costantinopoli t2). La lettera invece si riferisce, si può starne certi, all’opera di fra Ricoldo Pennisi da Montecroce “ contro la legge dei Saraceni ”, che Demetrio tradusse in greco e lodò altamente (3) ed i Bizantini* sia per l’eccellenza sia per l’oggetto della medesima, accolsero con favore. Difatti fra Ricoldo alla fine del proemio dice, secondo la versione di Demetrio: «vw 8’eari uoi 0x0nói;, tf) axpa àXr|i}eia {hxppifaavtt, tà xecpcàaiooSé-atepa te xaì àpx»tcótepa toft Jtapavónou vójxou (precisamente come Demetrio nella sua lettera) tovcov 8ieXéy|ai, e nei sommari dei capitoli indica le (*) Veramente ¡1 concilio del 1351 fu tenuto nel palazzo delle Blacherne, come ben dice il Cammelli a p. 207; nella chiesa di S. Sofia quello del 1341. (2) Patrol. gr., CLIV, 835 sgg. Per la data della relazione rimando alle mie non ancora pubblicate Notizie di Procoro e Demetrio Cidone ecc., p. 42, n. 2. Già prima, forse una dozzina di anni, ad un vescovo latino, certamente lo stesso Paolo allora titolare di Smirne, erano state riferite ie eresie del Palama (cfr. GREGORAS, Hist. byz., XXIX, 55 sg., t. Ili, p. 263), e ne seguì la disputa fra il Palama e il Gregora; ma in Occidente la cosa non ebbe eco, e furono Greci che sotto Urbano V dovettero richiamare l’attenzione della S. Sede su quegli errori. Il C. a p. 213 nomina per distrazione Paolo esicasta e patriarca di Costantinopoli senz'aggiunta, così che taluno lo piglierà per H patriarca ecumenico degli anni 1366-1372, se non bada a ciò che si dice poi, a p. 214, di Filoteo. Sopra Paolo v. «Studi e Testi», 30, p. 30 e 34, e ora segnatamente O. HALECKI a p. 36 sgg. ecc. dell’opera citata piià avanti. (s) QUET1F ed ECHARD, Scriptores Ordinis Praed., I, 505 ; SAKKELION, IIaT(iiaxr) fkfSXioib]>a), p. 185 -^¿Notizie di Procoro ecc. p. 161.