190 11 viaggio di Giovanni V Paleologo in Italia e l’unione di Roma. patti a noi già noti del 21 agosto 1343 e 10 ottobre 1352 e che non erano stati ancora liquidati (1). Nel settimo decennio Tenedo apparteneva di nuovo all'impero. Questo si vede dal fatto, che Amedeo di Savoia, recandosi nel 1366 alla crociata, di cui si è parlato sopra, chiedeva aiuto a Venezia e le prometteva Gallipoli, che doveva ancora essere conquistata. Venezia invece, rifiutata questa offerta, aveva dichiarate le proprie pretese su Tenedo. Il Conte di Savoia, imparentato con l’imperatore che andava a difendere contro i turchi, non poteva acconsentire a togliergli con la forza ciò che gli apparteneva (2). I tentativi di Venezia di impadronirsi di Tenedo non finirono qui, In mezzo a queste così complicate relazioni politico-finanziarie fra l’impero e la repubblica, Giovanni V arrivò nel 1370 a Venezia, dove il doge e il governo gli fecero accoglienza solenne conveniente alla sua dignità d’imperatore (3). Su domanda dello stesso imperatore che desiderava discutere gli affari importanti, fu convocato dalla Signoria un Consiglio, del quali facevano parte il procuratore Pietro Trevisano, Giacomo Bragadino, Marco Priuli, Pantalon Barbo e Giacomo Moro. Il Governo veneto propose all’imperatore di cedere alla repubblica il possesso dell’isola di Tenedo, in compenso della quale essa prometteva di restituirgli i gioielli imperiali impegnati e non riscattati. L’imperatore era andato a Venezia senza danaro. Egli chiese al Governo veneziano una certa somma per vivere a Venezia e gli furono assegnati 4000 ducati. Poi, col pegno di alcuni altri valori, egli ricevette ancora 30.000 ducati (4). Furono questi obblighi finanziari dell’imperatore verso Venezia che portarono al vergognoso arresto, del quale ci raccontano le fonti bizantine. Siccome Giovanni V non poteva pagare la somma convenuta, il Governo veneziano decise di proibirgli di partire da Venezia, fino a che egli non avesse soddisfatti i creditori. Il disgraziato imperatore si rivolse a Costantinopoli al figlio maggiore Andronico, che governava durante l’assenza del padre, con la viva preghiera di mandargli la somma richiesta, anche a costo di raccoglierla coll’aiuto dei tesori della chiesa. Andronico fu sordo alle preghiere del padre, e gli rispose che era impossibile di trovare il denaro, perchè i greci non gli permettevano di usare degli oggetti sacri, e, come racconta una fonte greca, consigliava al padre di rivolgersi altrove per trovare l’aiuto finanziario. In questo momento così diffìcile per Giovanni il suo secondogenito, il despota Manuele che governava a Tessalonica, raccolta rapidamente la somma necessaria, si recò a Venezia e riscattò il padre. Questa circostanza servì al riavvicinamento del padre e figlio e al suo mutamento verso Andronico i5). (ì) I Libri Commemoriali, T. II, 1. V ; p. 269, n. 265. (2) Hryd, op. cit. I, p. 517-518 (3) Caroldo. Bibl. Nat. de Paris. Mss. It. Cod. 320, fol. 288; ood. 321, fol. 227-227 v: l’eccelso Duce et Veneto Dominio gli fece quell’honore che si conveniva alla Imperiai dignità.0 Georgii Phrantzae lib. I, 12: xotì *1 f£po\j