Per l’Epistolario di Demetrio Cidone. 211 Andronico potè facilmente impadronirsi della capitale e dell’impero nell’agosto 1376 e poi imprigionare il padre ed il fratello minore Manuele, dichiarato tre anni prima imperatore in vece sua. 5) Anche la lettera 8, a quel che sembra, spetta ad altro tempo e non al 1354-55. Si era allora in piena pace: le ostilità dei Genovesi «contro i Veneziani e noi » cessate: anche gl’imperatori, ascoltando la voce della natura, deposte le armi, sono tornati fratelli, quali erano, e lo dimostrano a’ fatti ; i sudditi ne seguono l’esempio e si accolgono l’un l’altro col sorriso. Ora fino al 1354 erano stati in guerra, irreconciliabili, suocero e genero, e la pace si ottenne solamente perchè, prevalso con un colpo di mano su Costantinopoli il Paleologo, il Cantacuzeno, facendo di necessità virtù, abdicava e vestivasi monaco (’). Non pare molto verosimile che Demetrio, devoto ministro del Cantacuzeno, al quale per un poco tenne compagnia nel ritiro, abbia magnificato così quella pace come bella ed esemplare, e scelto per quegli uomini precisamente queste espressioni : 3AÀÀà xaì fj qpTJGis aiiTÌjv ev toT? paodefici/v EJtéyvci), (2) xal vOv tà ojàa y.atu-§g[xevoi, ita?.i,v, ojieq fjaav, eloìv a8eAqpoi . . . "/.ai to\>g |xet’ aimliv tetaYnivous 8i8dorxouoi (p. 20). Meglio esse convengono alla pace dopo la grande guerra fra Genova e Venezia, conchiusa a Torino nel 1381 e durata poi sempre, e all’accordo, poscia ottenuto dai Genovesi sostenitori di Andronico, fra i consanguinei in primo grado: Giovanni V e Manuele Paleologo, collegati ai Veneziani, da una parte, e Andronico e suo figlio Giovanni dall’altra. 6) Lettera 13 (pp. 29-33): « Anepigrapha. 1362-1370. Optime Urbanus V pontifex consuluit, cum amicum Cydonis in Gallicani urbem misit (3) quae eius sapientia et virtute multum egebat. Imperator ipse Byzantinorum Demetrii nostri sodalem permagni extimat, ac magnopere laetatur quod patriae memor res By-zantii non neglegat. Sed legationes quae in Occidentem continuo mittuntur iam in proverbii consuetudinem veniunt et Francarum gentium frustra surdas aures fatigant: litteras ad Pontificem rursus Imperator misit: sperat Cydones amicum suum operam diligenter daturum ut Latinos ad auxilium commoveat ». Che Urbano V, francese, abbia — per quanto premuroso di guadagnare gli Orientali — trasferito un greco a governare 0 da vescovo 0 civilmente (non si può intendere altro) una città della Francia, dico della Francia, e che di un tale straordinario fatto (!) Il Paleologo àit£xa0EÌXtoae (così!) xòv itevOspòv aiixoi) fSaciAéa xòv Kavta}SO'u£ryvóv, come dice senza complimenti l’annotatore del codice Laurenziano 8;, 6 (BANDINI, III, 251; «Neo? EA.Xrivon.'V'njico'v », VII, 143). E Giovanni V medesimo nella lettera 7 novembre 1357 ad Innocenzo VI: « Nec non qui se fecerat imperatorem [Matteo Cantac.?] habemus in car-ceribus nostris cum uxore et pueris suis » (Bullarium Carmelitanum, I, 92). (2) Cf. p. 98, 20: ri/./.1 ày^duEvov rjSri xì]v cptici/v (iìSeìoOo.i Giovanni V verso Manuele. (s) Propriamente « trasferì » : jteqI ooO xà irnoor|/.ovxa 8okeT pePouXeOaflm ètp’ éxépav |iExaoxr|oa? ce ódojieq vaiv y.upEQvrixo-u ¡xel'Qovo? 8eo|xévt)v (lin. 19 sgg.), e poco più avanti : xq> nExadEìvai. Non si trattava dunque di una prima nomina a vescovo.