204 Per l’Epistoiario di Demetrio Cirone. come il C. ha creduto per il passo seguente, non cosi chiaro come i riferiti: eiç yàp Twv ìtóÀewv ÒQajiròv tt)v dpiarriv, AÉyw 8è rr|v aè tcqoixcoç xaOditEQ r\ 0énç tòv Aiówaov ÔEÔEypiévTiv, che egli intende dell’ingresso trionfale nel 1347, come appare dalla nota : « Ce tout d’abord ne laisse place à aucun doute : il s’agit de Constantinople où Cantacuzène fit son entrée triomphale, le 8 février 1347: il s’agit de son second succès, à Thessalonique, après les soulèvements des Zélotes ». Non domando se l’accoglienza del 1347 potè con buon gusto paragonarsi a quella che Teti fece a Dioniso fuggente ('), e neppure se per caso la memoria tradì nel nome femminile 0 nell’addurre una vicenda piuttosto che un’altra del dio. Comunque, l’inciso tì|v aè jtpcütojç.... ÒEÒEyjiévi]v non alluderà piuttosto ad un precedente ritorno glorioso in Costantinopoli, per es. dopo qualcuna delle prime vittorie del Cantacuzeno, non ancora pretendente al trono, 0 alla buona accoglienza che ebbe allorché assunse la reggenza ? 0 anche semplicemente alla nascita di lui nella capitale, la quale, per dirlo con una volata da cortigiano, l’avrebbe accolto come un figlio del cielo? Anche nell’intelligenza del seguito non seguirei il Cammelli. Egli nelle parole : ev reo rrjç ofjç dyd/.|x«Ti rì]v suautoD ijruxr]v dragava» ' auvcbv x(xOr|(xsoav xaì (3Aéìta>v ev veóttiti tà twv yEQÓvtcov ÒEÌVuvt](xévov xaì tt)v rjAixiav oaitco jtEQicpavœç fhaÇô^Evov ecc. (sino alla fine), non vede che Giovanni VI medesimo, e quindi traduce : « je repose mon âme au contact de la beauté de ton âme; en vivant chaque jour à tes côtés, en te voyant, en pleine jeunesse avec les qualités des hommes d’âge, faire violence si manifestement aux lois de la jeunesse » (p. 9). Parole simili è possibile che il Cidone le abbia dirette ad uno già suocero, e suocero da una decina di anni, che si avvicinava alla sessantina (2), e che, ad ogni modo, da trenta anni almeno era nella vita pubblica e fra i primi? Non lo credo, ma penso che il passo sia in lode diretta non di Giovanni, bensì di un figlio (forse Matteo 0 Manuele), che Demetrio dice (ayed^u) « l’orgoglio » 0 la «gioia dell’anima» paterna; figlio della cui educazione l’imperatore stesso pare che si curasse in modo particolare. 11 passo così diventa chiaro : da una parte vi si accenna alla giovinezza ed alle qualità straordinarie che nondimeno il lodato già dimostrava, e dall’altra il merito in esse del padre: dvu/.oyi'Çofxui tòv oi>x t^tto-v òiòóaxcdov ì'| juxtequ, xaì on xavxa jtdvta (xu0r) [xutcx ad' xò yàp ò|ì) xaì cpi/.ó-Xoyov xaì EipiaOeç... aà [xèv jtavTEÇ Egoìtai yvuooideata, eIç Sè toùç Jtalôaç taira tò yévoç ôiafhjîdÇEi (44-50). Insomma Demetrio compisce la lettera più 0 meno felicemente, passando dagli elogi del padre a quelli del figlio degno di tanto padre. Essa pertanto è una delle prime scritte dal Cidone a Costantinopoli, dov’era venuto, dice egli, toïç tcov 0Eapcmov t|ÔÎotoiç toùç ôcpOa/.^ovç Banderai xaì mmov óqòv tt)v tt]v oìxoDuévriv ayouaav £Jtiarr]UTiv (34-36), ma in realtà per ottenere dal (!) ROSCHER, Ausführliches Lexicon der griech. und römischen Mythologie, V, 790. (2) Si pone la nascita di lui verso il 1292: cf. PARISOT, Cantacuzène, p. 30 n. 5 ; ma ciò che non fa dubbio, si è che dal 1320 in poi egli fu uno degli uomini più elevati e potenti dell’ impero.