146 L’episodio gradense dunque non era limitato a un incidente fortuito, personale, interno (1). Si era anche trasformato in un movimento, che si prolungava e dilagava in più ampia sfera, e, sia pure indirettamente, partecipava al grande duello combattuto tra i due imperi. Si associarono all’azione del metropolita numerosi tribuni e molti dei maggiorenti dello stato, in gran parte metamaucensi, dal tribuno Obelerio, al tribuno Felice, a Dimitrio, a Mariniano e Fo-scaro Gregorio ed altri, che non si rassegnarono per nome (2). Condotta e finalità di questi non erano precisamente identiche a quelle del prelato per naturale disformità tra interessi civili ed ecclesiastici. Il regresso della potenza bizantina nell’Adriatico, in seguito all’ occupazione e longobarda e franca dell’ Istria, aveva aumentato intorno al territorio lagunare l’isolamento e aveva tolto ogni freno al latente dissidio politico, che agitava la vita interna. Nei riguardi del problema ecclesiastico poi gli effetti erano stati più gravi, perchè gli eventi avevano offeso direttamente la compagine metropolitana. La conquista longobarda aveva ferito l’unità ecclesiastica gradense ; quella franca, eliminando le prospettive di ipotetiche rivendicazioni papali, aveva distrutto l’ultima salvaguardia dei diritti giurisdizionali dell’arcivescovo di Grado in Istria. La difesa delle prerogative metropolitane diventava estremamente difficile, e doveva essere ricercata nell’orbita del regno franco, non contro questo. L’opposizione politica all’interno combatteva contro l’arbitrio dei duchi regnanti e rivendicava la tradizione autonomista dell’ulti-mo secolo ; quella ecclesiastica era incline all’ accaparramento del favore franco per patteggiare la tutela dei diritti giurisdizionali nelle diocesi della metropoli annesse ormai al regno. Diverso fu perciò il rispettivo comportamento. L’iniziale collaborazione riserbò agli uni e agli altri una sorte comune : furono costretti ad esulare in terraferma, ad Italiani. Ma gli uni si arrestarono non lungi dalla patria, dall’amata Venecia, a Treviso (3) ; (1) A titolo di curiosità si può ricordare che la leggenda franca del Chron. alt. (Origo cit., p. 100) parla di una distruzione di Cittanova operata da Fortunato, in qua magna pars nobilium Veneticorum degebat. (2) Iohan. Diac., Chronicon cit., p. 101. (3) Iohan. Diac., Chronicon cit., p. 101 : ceteri vero remansemnt in qua-dam civitate non procul. a Venecia, nomine Tarvisio.