li. viaggio Idi Giovanni V Paleologo in Italia e l’unione di Roma. 159 conti che, evidentemente, giravano allora, che cioè Giovanni V (nella cronaca Alessio) e Amedeo di Savoia arrivato dalia Bulgaria a Costantinopoli, una volta dopo pranzo discorrevano fra loro ed Amedeo, a ricordo dei propri meriti nei riguardi dell’impero, chiese all’imperatore di adempiere una sua preghiera. Avendo Giovanni acconsentito, Amedeo cercò di convincere l’imperatore di convertirsi con lo Stato Bizantino al cattolicesimo e di recarsi personalmente a Roma dal papa come « vero obbediente figlio della Santa Chiesa ». Dopo aver riflettuto un po’ l’imperatore acconsentì ; ma nel momento della sua partenza da Costantinopoli, Amedeo seppe dal patriarca, che Giovanni ritirava la sua parola, perchè il popolo, se egli fosse passato al cattolicismo, lo avrebbe deposto scegliendo un altro imperatore. Allora Amedeo minacciò la guerra e l’imperatore acconsentì di nuovo a sottomettersi ai papa, « promettendo ad Amedeo di recarsi presto a Roma per adempiere il suo desiderio ». Amedeo partì « portando con sé il patriarca e quattro baroni come ostaggi» (1). Tale è la versione savoiarda dell’avvenimento del 1369, che attribuisce tutto l’affare dell’Unione al sovrano di Savoia. Insieme ad Amedeo era venuto a Costantinopoli, in qualità di messo papale, Paolo, patriarca latino di Costantinopoli dal 1366 al 1372, cioè all’epoca dell’Unione romana, e più tardi arcivescovo di Efeso. Aveva questo Paolo interesse pel movimento mistico nella chiesa greca del XIV sec. Egli veniva ad offrire all'imperatore in nome del papa l’unione delle chiese (2); la situazione era così allarmante per Giovanni Paleologo, che l’unica salvezza gli pareva essere nelPunione con la chiesa occidentale, inquantochè soltanto l’Unione poteva muovere le truppe occidentali verso Oriente. Nella concezione dell’europeo occidentale i greci scismatici dell’impero Bizantino erano più pericolosi dei turchi musulmani. Petrarca scriveva : «I turchi saccheggiano senza fine l’infelice Grecia e devastano le Cicladi sparse nel mare Egeo, sebbene queste ultime ricevano il dovuto guiderdone per la loro tenace ostinazione nell’errore (3). Ir. un altro punto dello stesso Petrarca leggiamo : « Non so che cosa sia peggio, perdere Gerusalemme o impadronirsi di Bisanzio, perchè là (cioè a Gerusalemme1) non si riconosce Cristo, e qui invece, mentre tanto lo si adora, lo si offende : quelli (cioè i Turchi) sono dei nemici, ma questi scismatici sono peggiori dei nemici » (4). (1) Chroniaue de Savoye. Monumenta historiae patriae. Scriptorum T. I. Augustae Tau-rinorum ,1840, coll. 315-318. (2) Vedi Miklosich et Müller, Acta et diplomata g*aeca medii aevi I, Viindobonae, 1860, 491 (N. 234, sine anno ; il documento è stato pubblicato fra gli anni 1367 e 1369). Vedi lett. dell’arciv. Paolo a Giovanni Cantaouzeno sulla tesi di Palama in Parisot, Cantacuzène homme d'état et historien. Paris, 1845, 331-332. (3) Opera Petrarchae, Rerum senilium lib. VII. Basileae, 1554, ¡p. 911 : Turchi miseram Graeciam sine fine diripiunt et Aegeo sparsas Cycladas populanlur, quae etsi longis erroribus cbstinatae pervicaciae justas poenas dent.... Baronii-Raynalpt ad a. 1306, p. 134. (4) Ibidem, p. 912 : Nescio enim an pejus sit amisisse Hierusalem, an ita Bizantium possidere : ibi enim non agnoscitur Christus, hic laeditur dum sic colitur ; illi hotstes, hi schisma-tici pejores hostibus..... Baronii-Raynaldi ad a. 1366, p. 135.