346 numerosi di quanto la cronaca registri, come lo stesso annotatore avverte. Le distruzioni dei castelli di Ferrara e di Oderzo furono, tra gli altri, episodi di questa vita inquieta, dei quali soltanto la fama ha conservato memoria (1). La situazione locale era siffatta, che esigeva oculatezza ed energia, e, coerentemente, l’impiego di solida politica militare. Le forze nazionali erano, e sotto l’aspetto tecnico e sotto quello morale, insufficenti a sopportare il peso di un programma militare, che non si esaurisse in un ciclo di tempo definito. Lo stato delle cose impose un’organizzazione difensiva più stabile : e questo risultato fu ottenuto con l’introduzione di milizie permanenti, quali potevano essere reclutate tra gli abitatori della terraferma, ove l’esercizio professionale offriva elementi adatti (2). Questa riforma, logica conseguenza della politica di terra-ferma, non distruggeva la compagine dell’ esercito nazionale. Le milizie mercenarie non soppiantavano quelle indigene. Alle une e alle altre era assegnato compito diverso : ciascuna doveva operare in una sfera separata. In momenti torbidi, quelle, come più fide, erano chiamate a proteggere anche aU’interno la persona del duca, a presidiare il palazzo del governo, e a difendere il regime instaurato (3). In tempi normali erano arruolate per svolgere la loro attività in fazioni belliche in terraferma, non per fronteggiare e reprimere tumulti popolari spesso inermi o male equipaggiati. Nondimeno il nuovo costume destò forte impressione e produsse notevoli effetti politici. L’impiego di milizia straniera gravò il ducato di un onere finanziario, a sostenere il quale l’ordinaria disponibilità del pubblico tesoro era insufficiente. Si dovettero ricercare fonti straordinarie di entrata per coprire le accresciute spese, specie quando lo stato di guerra esigette un armamento inconsueto. E si provvide a restaurare l’equilibrio del tesoro, (1) Iohan. Diac., Chronicon cit., p. 139: Ferrariensia quippe costdli populum potent issime debellavit; Opitergium quidem castrum igne concrematum devastari iussit, nonnullaque alia se obiurgantibus aspera intulit. verum quia omnia gesta ab illo explicare minime possum, eius exitum exarando demonstrare curemus. (2) Iohan. Diac., Chronicon cit., p. 138 sg. (3) Iohan. Diac., Chronicon cit., p. 139 : palatium tamen qui a bellicosis, licet paucis, militibus Mum stipatum noverant ecc.