456 *3>- Qualch’ altro donatore abbiamo tralascialo di ricordare; del quale sarà detto più oltre. Ma le cose fin qui indicate bastano già per sè sole a dimostrare in quanta altezza di fama fosse venuta la biblioteca di S. Marco, e come rendessesi necessaria la pubblicazione di un esatto catalogo di tutti i suoi manoscritti ; con cui s’ avessero a correggere le imperfezioni dei cataloghi anteriori. Del quale importante lavoro fu addossala la cura ai valenti letterati Antonio Maria Zanetti, custode di essa biblioteca, e dottore Antonio Buongiovanni ; i quali ne diedero un Indice diviso in due volumi e stampalo in Venezia negli anni 1740 e 1741, in fol.; e moslraron per esso ciò che in effetto possedeva allor la Marciana, e quanto mal fondate fossero le supposizioni di alcuni scrittori che avevano riferito in quella trovarsi manoscritti che mai non vi furono. Così accresciuta e riordinata la biblioteca ( 1757 ), resta da dire alcun che dell’ uso che ne fu fatto, massimamente rispetto a’ suoi codici, dal tempo della donazione bessaroniana in poi. Già fin da quando quelli del cardinale erano custoditi nella sala dello scrutinio, permetteva la Signoria ad uomini di lettere usarne liberamente ; e forse anche troppo ; perchè non solamente presta-vansi per uno spazio indeterminalo, ma ( che più è ) lasciavansi andare fuor di città. Onde sappiamo averne avuti Lorenzo de’Medici parecchi in Firenze, a cagione di trarne copia ; e forse alcuni pur n’ebbe Pico della Mirandola, a non ricordare Bernardo Ru-cellai, ambasciadore de' Fiorentini a Venezia, Nicolò Leonico Tomeo, insigne ristoratore della filosofia d’Aristotele, e qualche altro de’più chiari uomini. E benché il prestar codici fosse allora quasi necessaria cosa ( ché non anco a pubblica utilità era aperta la libreria), non di meno nel 1506 si volle per un decreto tolto via quello che ( pur senza impedimento di legge ) diveniva colpevole abuso. A che fare tanto più giustamente fu mossa la Signoria, in quanto alcuni codici erano andati perduti ( siccome 1’ opera di Nicostrato sul Senato romano ), malgrado le non sempre inutili investigazioni, usate a ricuperarli, di Andrea Navagero,