<-* 494 «5> * nobili, possidenti e negozianti, di un presidente e di un vice presidente. La presidenza appartiene al patriarca, il quale ha la facoltà di nominare e sostituire tutti gli individui della commissione generale, rendendo però inteso F eccelso presidio di governo, e di destinare a ciascuno le analoghe attribuzioni, eleggendo pure tutti gl’ impiegati che fossero necessari alla azienda della sua causa. La commissione si divide in tre sezioni, 1’ amministrativa, la cassiera e la elemosiniera. La prima si occupa di tutto ciò che può interessare 1’ andamento economico de’ beni che appartengono alla commissione ed alle fraterne da essa dipendenti, e perciò dei quattro membri che la compongono, due sono eletti fra i giureconsulti; la seconda custodisce le somme ; la elemosiniera si occupa della distribuzione de’soccorsi, e raccoglie le largizioni che vengono fatte. Le proposizioni che riguardano ciascuna misura relativa alle tre sezioni, vengono discusse parzialmente, e poi se ne riferisce a tutta la commissione riunita, i di cui membri danno il voto sull’ invito della presidenza. La commissione generale si collega colle fraterne parrocchiali, anche per mezzo delle deputazioni di carità, le quali sono sei, ed abbracciano ciascuna cinque parrocchie; com-pongonsi del parroco e di cinque notabili scelti uno per parrocchia, vengono presedute da un deputato della commissione generale, e si adoperano da sè, ed in concorso dei promotori e visitatori delle fraterne, ad adempiere gl’ incarichi loro dati dalla commissione. Il patrimonio complessivo di tutti gli stabilimenti non può dirsi ampio. Esso sale a diciannove milioni di lire austr. ; a ventisei se non si vogliono dedurre i pesi a cui è assoggettato. Di questo patrimonio, appartengono alla casa di ricovero più che sei milioni, alla commissione generale, tanto nella sua specialità, come per conto delle fraterne e dell’ istituto Manin, una somma quasi eguale ; all' istituto delle zitelle, più che un milione, ed alle penitenti pressoché due; agli esposti più che altrettanto. La restante parte è divisa in varie proporzioni fra gli altri istituti. Nel 1845, epoca in cui si riferisce il computo, che deve ritenersi solo come approssimativo una parte del patrimonio era composta di obbligazioni del monte lombardo veneto per più che undici milioni ; di cui la massima quota è rappresentata dalla cartella di 500,000 lir. italiane, che altra cosa non torna se non il credito antico verso la zecca ; pressoché quattro milioni in beni fondi, case, fabbricati ; altri sei in capitali presso privati ; più che un milione e duecento mila lire in livelli, decime e simili diritti : quattro milioni in vari altri valori. Da ciò ne viene che col semplice reddito proprio non possa sostenersi la pubblica beneficenza in Venezia, ma debbano accorrere in suo ajuto il regio tesoro, la comune e le spontanee largizioni dei privati.