504 .s> di cera gialla e non imbiancata; 75090 di tartaro greggio; 40394 di pelli di bue, e 43384 di pelli di capra. Molte industrie venete, innanzi all’attivazione della franchigia impiegavano varie materie pi-ime, che estraevansi dai vicini territori senza pagamento di dazio d’ uscita, perchè anche Venezia era compresa dalle linee doganali. Dopo la franchigia, essendo cangiatala sua condizione ne’riguardi economici, ne veniva per necessaria conseguenza, che tutte le materie prima colpite dalla tariffa generale di un dazio alla loro uscita dovessero sottostarvi anche per la introduzione in Venezia. A questa regola si fece una eccezione estesa a molte materie prime, ma in seguito fu modificata e ridotta al lino, alla canapa, al tartaro greggio, ai rottami di vetro ed alle pelli camosciate. Il porto di Venezia serve, alle prossime provincie e ad altre parti dell’impero, per facilitare lo smercio dei prodotti che ottengono; e servirà molto più nell’avvenire, quando le costruzioni delle strade di ferro in corso, e di quelle che si meditano, verranno compiute. Ma l’attivazione della franchigia poteva riuscire di danno all’ agevolezza dello spaccio dei prodotti austriaci in genere, perchè, per il carattere che fu notato, e che deriva dalla natura della franchigia, ogni prodotto quivi pervenuto avrebbe tosto acquistata la qualità di prodotto estero; e perciò tornava necessario consumarlo a Venezia, o venderlo all’ estero, riuscendo impossibile rinviarlo nel recinto chiuso dalle dogane, senza pagare i dazi, oppure sarebbe stato anche respinto del tutto, perchè soggetto alla proibizione. A rimediare questo danno, si ricorse ad un’ altra eccezione diretta a modificare il sistema proprio di una franchigia assoluta. Essa consiste nel permettere 1’ esportazione dei prodotti manifatturati nella monarchia, e la successiva reimportazione, senza bisogno di pagare alcun dazio. Per ottenere che questa misura non venisse alterata con frodi, o lo fosse il meno possibile, si provvide con due mezzi, cioè coll' istituire un emporio per le merci indigene, e coll’adottare la bolletta di speculazione. Nell’ isola di San Giorgio, ove era antecedentemente il deposito franco delle merci estere, si stabilì un deposito per le merci indigene, nel quale si potessero tenere finehè si presentasse 1’ occasione opportuna a venderle, pagando una tassa di magazzinaggio, e soddisfacendo i tenui dazi di esportazione nel caso che si potessero mandare all’ estero, o consumare in Venezia. La bolletta di speculazione, come chiamasi nel linguaggio tecnico finanziario, diretta ad ottenere il medesimo scopo con una agevolezza molto maggiore, è una carta di ricognizione, per la quale torna possibile esportare, dal territorio circondato dalle dogane in quello franco di Venezia, le merci indigene, e recarle nelle botteghe per Io smercio, conservando la facoltà di reimpor-