-- noi non erriamo, è quel Cristo morto, posseduto dal professore Boucheron di Torino ; tela, che, recata al giudizio dei membri di questa Accademia, fu giudicata da alcuni dello stesso Tiziano, da altri no, senza sapere però a quale altra mano attribuirla. — Domenico delle Greche, noto più pei suoi lavori d’incisione che pei dipinti; Lorenzino, che lasciò a’Santi Giovanni e Paolo una pittura sulle pareti ad ornamento di un sarcofago; Giovanni Silvio,che conta varie opere sparse pel Trivigiano e nella collegiata di Piove di Sacco una elegantissima tavola ; Natalino da Murano, eccellente nei ritratti, quanto altri dei condiscepoli, e buon compositore di quadri da stanza; e finalmente, Polidoro Veneziano, che di sacre immagini empiè le botteghe della patria, lavorando di pratica e per mestiere, sebbene alcuna volta abbia date prove di sua classica scuola, come nel dipinto colla Vergine in mezzo a due santi e un divoto, che dalla soppressa chiesa de’ Servi passò alla R. Accademia, chiudono la lista degli alunni di Tiziano. — Parlando dei seguaci del Vecel-lio, converrebbe discorrer prima di Bonifazio Veneziano, e non veronese, come molti il dicono ; ma di esso a lungo parlammo nella Pinacoteca, provando che due pittori del medesimo nome e contemporanei fiorivano a Venezia, uno veneziano, l’altro veronese, e ciò con documenti e critica giusta, a cui non può negarsi fede, se non da chi, orbato dall’ amore di patria, e spoglio di qualsiasi pittorica cognizione, a fronte di tanta luce rimane ancora nella vecchia opinione. Vedremo della sua mano molte opere sparse per le chiese, e principalmente nella R. Accademia, ove nel ricco Epulone e nelle Adorazioni de’Magi fece vedere (pianto seguisse dappresso l’immortal precettore. — Andrea Medola, soprannomato Schiavone, ebbe splendido elogio da Luigi Pezzoli, e, se non fosse stalo da avversa fortuna depresso, avrebbe mostrato, più assai che non fece, quanto natura fosse stata larga con lui de’suoi doni. Le opere però che condusse nel palazzo de’ nobili Savorgnan, ora del-1’ egregio barone Francesco Galvagna, rivelano il suo genio, la sua calda imaginazione e la molta dottrina pittorica da lui posseduta. — Se qui passiam senza nota alquanti nomi, non però vogliam