•<&» 546 «£=- La piazza di San Marco dovea essere illuminata in modo che in ogni arcala di portico vi fosse un fanale a triplice riverbero. Lo spendio di questa illuminazione a spese di chi abita i fabbricali della piazza stessa, incominciando dal pian terreno sino al tetto. Ordinò che la riva degli Schiavoni fosse continuata fino al campo San Giuseppe. L’ ordine non fu eseguito, e sarebbe stata bellissima cosa lo fosse stato. Ordinò, nell’ isola circoscritta dal rivo S. Giuseppe e dalla laguna, un giardino pubblico : l’ordine non fu interamente eseguilo, perchè la viceregina d’ Italia, Augusta di Baviera, proteggeva il convento di San Giuseppe di monache Salesiane. Ordinò un altro giardino pubblico alla Giudecca : si voleva fare piazza di esercizi militari, e forse s’ebbe altro scopo. Per questo furono demoliti molli edilizi ; ora è vasto terreno coltivato, di proprietà del governo. Ridusse a trentanove le settantadue parrocchie della città. Assegnò rendite alla città stessa : quattro mila case di ragione ecclesiastica esistenti in Venezia. Assegnò la proprietà di sei milioni di lire italiane di capitale, in tanti beni del demanio da vendersi per sostenere le spese dei lavori dei porli. Confermò il privilegio di franchigia all’ isola di San Giorgio ; provvide ai creditori della zecca e del banco giro ; prescrisse la sistemazione della Brenta. Volle far di Venezia il centro dei commerci marittimi del regno ; pensando, come ebbe a dire nei duri ozi di Sant’ Elcna, Venezia essere il tramite naturale del commercio d’ Oriente. Ma la guerra marittima noi concedeva. Per conto del regno d’Italia e dell’ impero di Francia, ferveano i lavori nell’ arsenale, e prestavano guadagni a parte della popolazione. Ma Venezia, ridotta città di provincia, senza commerci, fatta povera d’industrie, venne in misere sorti. Fu ristabilita, ampliata 1’ Accademia di belle-arti. Nel 1808, si radunò in Venezia il collegio elettorale dei commercianti, presieduto dal barone Giuseppe Treves, commendatore dell’ ordine italico, della corona di ferro, poi presidente della censura in Brescia. II barone Galvagna, prefetto, fece una nuova divisione delle parrocchie ridotte a trenta, e che tutt’ora sussiste, e per la quale furono salvate belle