<£<> 274 ^> Marco Polo aveva parlalo, sull’ altrui fede, del Giappone, del Madagascar e di altre regioni non da lui visilate. Navigava verso le Fiandre nel 1451 Pietro Querini, quando, assalilo da spaventosa bufera, incorse in orrendo naufragio, da cui si salvò sulle cosle estreme della Norvegia, e per la Svezia e la Germania ritornò a Venezia: qui scrisse un commovente racconto delle sue disavventure. Cristoforo Fioravante e Nicolò Michieli, che divisero col Querini tanti patimenti, ne stesero insieme un secondo ragguaglio. Queste due relazioni, inserite nella Collezione Ramusiana, hanno però un interesse troppo limilato, perchè ne trattiamo più a lungo. Non le curiose notizie di privale calamità occupavano allora gli animi, ma la fama delle spedizioni verso il mezzodi del continente africano, a cui l’Infante Don Enrico di Portogallo eccitava i navigatori, navigatore egli stesso. Voleva quel principe assicurare al commercio portoghese il monopolio de’ preziosi prodotti delle più remote parti dell’ Africa occidentale e cenlrale ; ma la lunghezza del viaggio, e il terrore delle bufere frequenti in quelle acque, rallentavano i progressi delle sue spedizioni. Giovane di ventidue anni, Alvise Da Mosto o Cadamosto, patrizio veneto, aveva più volle solcalo il Mediterraneo e visitate le Fiandre. E per le Fiandre nuovamente partiva da Venezia il giorno 8 agosto 1454, sopra una flotta capitanata da Marco Zeno. Ma i venti contrari arrestarono il loro cammino all’uscita dello stretto di Gibilterra, e dovettero ancorare presso il Capo di San Vincenzo, dove s’ era ritirato il principe Enrico per consacrarsi allo studio, ed occuparsi della scoperta delle coste africane. Come l’Infante udì novella di quelle galee, inviò il suo segretario ed il console veneziano a chiedere a que’ naviganti, se a taluno di loro bastasse l’animo di accingersi ad un viaggio di scoperta lungo le spiagge dell’Africa occidentale. Accolse il Da Mosto volonteroso l’invilo, e, abbandonate le patrie navi, offerse al principe portoghese i suoi servigi.