95 dopo la conquista del 636. La persecuzione contro i Romani non era stata spinta fino ai limiti estremi, e i Longobardi a valle della città avevano lasciato sussistere un ristretto possesso territoriale bizantino, o avevano concesso che i profughi ritornassero. La tollerata infiltrazione col tempo, forse, era diventata minacciosa. L’improvvisa distruzione della città, seguita dallo smembramento del distretto tra i ducati del Friuli, di Ceneda e di Treviso (1), rivela il proposito di estirpare con mezzi radicali la inquietudine di questo tormentato sito. Paolo Diacono ravvisò nel draconiano provvedimento una postuma vendetta per l’uccisione dei duchi Tasone e Caco, remota di molti anni (2). La gravità della pena inflitta alla disgraziata città, a troppa distanza di tempo dalla presunta colpa, e la rigidezza delle sanzioni applicate al territorio sembrano sproporzionate al pretesto allegato. Una verità più profonda s’asconde : la vendetta consumata in danno di una città romana era severo monito e dura, anche se necessaria, risposta ad aperte od occulte resipiscenze dei vinti contro i dominatori. Il sacrificio del castello opitergino e lo smembramento del territorio forse dovevano togliere ogni speranza di rivincita, non del tutto spenta dall’ esito infelice della campagna imperiale di Costante (3). Il ducato, romano nello spirito, era e restava bizantino nelle forme : riconosceva la propria sudditanza, per tramite dell’autorità esarcale, al governo costantinopolitano. AU’indomani della tragedia siracusana tutti gli eserciti d’Italia e dell’Istria (4), senza eccezione, reagirono in difesa del legittimo erede, intorno al quale parvero ricomporsi in buon ordine le forze romane d’Oriente e d’Occidente. Nessun sintomo di particolare assetto autonomo si sorprende traverso queste vicende. La vita locale si sviluppava e maturava nell’ambito dello spirito e delle forme romane e bizantine. Anche qui, come altrove, senza averne consapevolezza, si pre- (1) Paul. Diac., Hist. Lang., V, 28 : funditus destruxit eorumque, qui ibi habitaverant, fines Foroiulianis Tarvisianisque et Cenetensibus divisit. (2) Paul. Dlac., Hist. Lang., V, 28 : Eroi quidem Grimoaldo cantra Ro-manos non mediocre odiurn ecc. (3) Cfr. Cessi, Le vicende cit., I, 179 sg. . (4) Liber pontificalis ecclesiae romanae. Vita Adeodati, ed. Duchesne, I, 340 ; Paul. Diac., Hist. Lang., V, 12.