8 6 «£>- dell’Aliense) e di Giovanni Vlastò, cognominato Pugnaletto, sacerdote e cantore di chiesa (‘59<)-i6oo). E parimente a mosaico condussero l’Annunziata (già prima a colori) negli interstizii della grande arcata della chiudenda (1601-2). L’altar maggiore veniva decorato di fino marmo da Melchisedech Longhena, padre a Baldassare ( 16o j). Lavorata dentro in Santuario, sulla parete che Io divide, la mistica Cena dal greco pittore Benedetto Emporio ( volgarmente Benino Barin) (1606) : e da lui fors1 anche l’abside laterale a sinistra. Istoriati nella metà superiore, coi denari di Demetrio Filippi da Tricca, i pilastri delle tre arcate de Ila chiudenda dal cappellano Emmanuel Zane (detto Pugnali) da Retimo, valente pittore e verseggiatore (i663-i6G4). Lavorato a spese di Bernardo Acris di Cipro il mosaico della Trasfigurazione in uno dei vani del tempio a destra ( 1666 ). Dipinte sui portelli della porta reale le figure bellissime di Abramo e di Melchisedech dal sopraddetto Zane (1G86). Offerti da Pietro Crisafida di Cipro i sei Angeli dipinti sugli archi del Gineceo ( 1690 ). E coi denari di Nicolo Saro e di altri pii confratelli condotti sopra rame i dodici Apostoli nei medaglioni, che nel secondo ordine girano esternamente la chiesa ([69G). Tanto era lo zelo e la ricchezza d’allora ; della quale per tutto il secolo XVII profusamente fu speso in fornire essa chiesa di argenti massicci e d’ altra sontuosissima suppellettile. E quanto erano liberali e pronti a’ bisogni, tanto si mostravano efficacemente desiderosi di conservare ciò che i loro antenati avevano fatto, vincendo impedimenti spesso di povertà, più spesso di obblique persecuzioni. Per lo che non pur di reliquie e di quadri e di altre preziose cose facevansi doni di quando in quando ( imponendo altresì talora ai preposti il debito di farli), ma grandi spese furono sostenute a rivestire di piombo la cupola (1763) e riparare dai danni del tempo i mosaici e le pitture. Di queste infatti restaurò lo Zane i quattro Dottori (1661) ; poi tutte quante il corcirese Ventura Seremeti (1748). Racconciarono i mosaici ornanti 1’ esterno del tempio Giacomo Pastorini (i638), Paolo Rossi (1681) e Gianfrancesco Bonazza (1752) ; quelli nell’ interno Leopoldo dal Pomo (1743) : e finalmente le figure di Abramo e di Melchisedech Cristoforo Marcuri corcirese (1811). E tale è la veridica descrizione degli artefici di questa chiesa ; espressa, non che in altre posteriori, in una veduta di Venezia del i58o (1) ; visitata dal doge Nicolò da Ponte con tutta la Signoria (i56o) ; dagli ambasciadori della Moscovia ( 1663) ; dai conti del Nord (1782) ; e più tardi dalla Serenissima Casa d’Austria e da più altri imperatori e principi. Alla magnificenza della quale fu sempre corrispondente la maestà dell’uffiziatura. Un arcivescovo di Filadelfia, primate di tutte le chiese greche in Dalmazia, con suo cancelliere ; tre cappellani (i655), e talvolta anche sei (1694); un predicatore; due diaconi; due cantori; altrettanti o più lettori (tutti esclusi dalla giurisdizione e dal governo temporale) crescevano in uno il decoro delle sacre solennità. Data in principio (1527) a un solo cappellano la cura delle anime colla retribuzione di tutti gli utili casuali, fu trovato necessario per Io cresciuto numero de’ Greci eleggerne due nell’ anno i54o, sotto condizioni dirizzate a mantenere la tranquillità delle coscienze, già troppo per lo innanzi scompigliate dalle arti fallaci dell’intruso vescovo di Malvasia Arsenio (2). Poi, perchè del 1557 era bisogno di un sacerdote che officiasse nella chiesa, cadde la elezione sopra Pacomio, vescovo di Zante e Cefalonia; il quale avesse a celebrare conformemente alla sua dignità a beneplacito de’preposti e di lui. Ma che ciò propriamente si effettuasse, (1) Crusius, Turco-graecia, p. 2.00. (a) Sue notizie leggi principalmente in Le-Quien, Oriens Cliristianus ; t. II, p. ai6.