<- 197 Le estremila di codesti colossali navigli erano elevatissime per robusti castelli, che dalla poppa e dalla prua talvolta s’innalzavano sopra le muraglie delle città nemiche ; il centro loro era conformalo a guisa di trincieramento, dietro cui prendevano posto i soldati ed i bersaglieri con le varie macchine guerresche, che nomavansi mangani, manganelli, trabucchi, bricolle, ecc., capaci di lanciar grossissime pietre, e di precipitare potenti travi ferrati su’ navigli nemici. In aggiunta a codeste macchine, le quali agivano per potente effetto di elasticità, o per forza centrifuga, vi erano i così delti sifoni, coi quali lanciavasi il famoso/z/oco greco, mistura che dire vogliamo parassita per la singolare efficacia con cui istantaneamente aderiva e si attaccava e diflòndevasi rapidamente ad ogni parte de’navigli contro a’quali era scagliata ; ciocche facevano appositi militi denominati sifonarii, usando alcuni tubi foderati di metallo, da’ quali si sprigionava ed usciva con tuono, fumo ardente e fremito e scoppio. Oltre ai remi, i nostri dromoni portavano alberi e vele, e di queste ancor ricordiamo i nomi di mezzana, terzaruola, artimone, papajìgo e cockina, ciocché fa conoscere, esservi stato bisogno di marinai, e quindi, se al numero dei rematori si aggiunga quello de’marinai, 1’ altro de’soldati, che era stabilito in 200, ed inoltre anco la gente per l’interno andamento economico, i falegnami, i velati, gli artefici, i trombettieri, gli scalpellini, che si occupavano in adattare le pietre alle varie macchine da slancio, con tutti gli uffi-ziali, i comandanti, la gente di servizio e di polizia, si troverà che l’equipaggio di un dromone veneziano esser doveva tanto numeroso quanto quello di un odierno vascello da 74 cannoni. Così era de’più vecchi dromoni, intorno a’quali crederemmo non andare errati, se, per 1’avvicinamento de’tempi, osassimo supporre essere questi i navigli de’quali intende parlare Cassiodoro nella lettera XXIV, diretta ai tribuni delle nostre isole ; e per le stesse considerazioni vogliamo pur credere, che le famose navi discese da'nostri squadri nel secolo XII, come, a mo* d’ esempio, il Mondo, che agì sotto Ancona, e nel susseguente secolo XIII, la Roccaforte, Santa Maria, il SanNicolò, altro non fossero che dromoni di gran forza e portata. Qualche secolo dopo, i Veneziani introducendo altre modificazioni ai loro primi dromoni,sembra che, aumentate le misure, ad esempio de’Greci ne abbiano costruiti anco a tre ordini di remi ; circostanza che non possiamo prositivamenle asserire, tanto più se non ci riesce dapprima togliere 1’ equivoco, in cui caddero alcuni eruditi, riguardo la collocazione de’ remi e la distribuzione de’rematori, ciò che cercheremo di fare quando si parlerà della quinquereme, costruita in Venezia da Vettor Fausto nel secolo XVI. A. Jal, nella citala opera, offre intorno ai dromoni più esteso ragguaglio. AI fin qui detto, possiamo però aggiungere, che, ne’primi secoli, i nostri dromoni spesso si costruivano con legno di cipresso o di pino, forse perchè questi legnami si credevano andar esenti dall’attacco delle terredini, ossia de’vermi di mare. Ma noi siamo disposti a credere piuttosto così si adoprassc per mancanza d’ogni altra qualità dileguarne e per la diffic Ila di acquistarne, e ciò tanto più che le vicine selve litorali erano un tempo doviziose di foltissimi e rigogliosi pineti, e che il cipresso cresceva vegeto e quasi spontaneo in queste nostre isolette, singolarmente nell’isola Memia, ora San Giorgio Maggiore, in quella di San Francesco del Deserto, nell’altra della Certosa ed altrove anco in vari siti della stessa Venezia.