290 Note critiche spiegare l’inserzione di [co]. Non c’è poi ragione di mutare il titolo Et; tòv avtòv in Et? rr]v aùtr)v [ritoi et? rr|v yvvdìxa toù ’Icó(3, come vuole il Menardos], perchè anche in questa poesia è fatto parlare Giobbe. 58, v. 3 - Tà yàp à|iixta fuywtai ’Eevotpóno)?, (ppixtà 8è pivarripi« tà xexpu|i|j.év« VDv (jpavepoCvrai, tà usyu).« xaì £éva. Cfr. Cristoforo Mitileneo 3, v. 1 (jiyvutai co8e à'juxta. Il Chatzis vuole che si introduca al v. 5 la sintassi attica qpavepovtui, per analogia col v. 3 (uyvutai. Se la costruz. attica è richiesta al v. 3 dal metro, non c’è ragione di introdurla anche al v. 5. Così al v. 19 s. si legge ’Eita'^iw? 8è xatestaipovtai itdÀiv xaì tà jtevr/pà xaì opuxpù tùv piei^óvoov. v. 6 - Suvdvapxo? Jtatpò? dio? àxQÓvco?. Ben supplisce il Menardos l’articolo '0, che lo scriba ha dimenticato di scrivere in rosso davanti a cruvavapxo?. v. 13 - xaì Jtap0évo? tixtetai xaì (¿età tóxov. Il cod. ha tixTe. Il Chatzis corregge tixte(i te), v. 17 - Oupavò? xaì yf| xaì Ppotoì crùv àyyéXoi?. Per evitare che la terza sillaba diventi lunga per posizione va forse corretto: ovpavó?, f| yf) . .. v. 21 - tù>v paciXixwv 0póvwv te xaì jtopqnipu?. Verso guasto nella sesta e settima sede. Il Charitonides propone ...te 0póvtov, che sconcerta la cesura. v. 25 - «)? oiSa?, 0)? eicofla?, eiiXóyoa?, Jtdtep. Leggi col cod. eiiAóyei. Cfr. Manuelis Philae Carmina, ed. Miller 1, p. 16: crù 8’ e.jte'uXóyei, ihjtu. v. 26 - ’AXX’ el'jtep r||j,r|v «pioto? èv Àoyoypdtpoi?. Invece di t^v (omesso nell’edizione) si scriva f)v, come propone anche il Chatzis. Oppure si potrebbe unire «piato?... con pi]tópo.>v jtpomffto? (ovou.a?óur]v, supponendo in origine un àXk’ ei ye [xriv . .. 59, v. 3 - oi>x è'xwv av tóX|XT)aiv, oli8’ oiitto? è'xwv. Ottimamente il Menardos corregge oi>x elxov dv, che forma l’apodosi di dÀX’e’i'jtep .. . (ovou,«?óut|v, cet. v. 11 - xaì itpò? tr)v ’ESèu jtàvta? eOMvaev «v«5 Xaipovta? xaì tépitovta? et? toù? atcòva?. '0 JtoiT]rf]? oitpeiÀe và ypài|>T) tepnopiévoi)?, osserva il Chatzis. Si lasci pure stare tépitovta? e si lascino anche gli errori di prosodia e le sgrammaticature che infiorano questa poesia. La quale non termina con il v. 12 x«ÌQOvta? — et? toù? alcòva?, come potrebbe parere, ma continua a f. 147V. per ben 21 versi, che di regolare hanno solo la parossitonesi finale. Seguono tre poesie relative alla Presentazione al tempio, dovute allo stesso giambografo che usa una lingua 00X01x0? xaì (3epappapa)(iévr).