<*► 305 «o anche in Padova nella cappella di s. Giorgio, dice il Vasari, in compagnia di Sebelo veronese o da Zevio, chiamalo Stefano dal Maffei : ma sembra provato dal Brandolese essere cadulo il primo in errore, avendo presa la pairia di Aldighieri, che anticamente dicevasi Jebetum, pel nome di un artista ; ed il secondo aver confuso Stefano, che posteriormente fiori, come diremo, col pittor nuovo, e che non mai esistè se non nella mente dello scrittore Aretino. Didatti la Notizia dell’anonimo, pubblicata dal Morelli, non fa parola di esso, e solo cita Altichiero o Aldighieri, che, con Jacopo Davanzo, di storie decorò quel sacro edifizio. — All’ accurato Maffei, e agli altri scrittori veronesi, è fuggito il nome di Jacopo da Verona, che dipinse nella parrocchia di San Michele in Padova, come nota il Rosselti e il Brandolese, il quale ultimo riferisce perdute la maggior parte delle opere descritte dal primo. A Bergamo fioriva a questi tempi una scuola. Castello dei Castelli ricorda un Paxino o Pecino, come è chiamato nelle vecchie carte, figliuolo di Alberto de Nova, il quale lavorò nella chiesa di Santa Maria Maggiore dagli anni 1565 al 1581 ; notizia che rilevasi negli antichi registri di quella fabbrica. Crede Tassi, che le pitture da Pecino lavorate, possano esser quelle, che in parte ancor veggonsi fuori della porticella laterale verso il duomo, alcune delle quali sono di maniera più finita e dolce, ed altre di contorni e profili più duri e stentati. — Tra queste vedesi, dalla sinistra parte uscendo, una mezza figura della Vergine col celeste suo Nato, che il Tassi trova delicata e graziosa, impossibile sembrando, dice egli, aversi cosi dipinta in quel secolo infelice pieno di tenebre e di rozzezza. Se codesta opera è di Pecino, la sua maniera s’avvicina a quella di Gioito, e in qualche parte è ancora più bella. Tali son pure le teste degli Apostoli dipinte nell’ arco della porta descritta. — Di altre pitture, colorite dalla stessa mano, è fatta menzione dal Tassi e dal ricordato Castelli, come si trova memoria della di lui morte accaduta nel giugno 1405. —Egli educò all’arte Bartolommeo d’Isnardo Comenduno, di cui non ci rimangono opere certe. — Pietro de Nova, creduto fratei di Pecino, operò dal 1575