98 Dai bronzi bizantini a quelli moderni nelle Chiese dTtalia cana e quella della lupa capitolina nel Musso del Campidoglio : mentre, d’altro canto, i più vetusti storici ravennati ci ricordano splendidi cancelli di bronzo, non posteriori al V secolo, che esistevano nel Mausoleo di Galla Placidia e nella cripta di S. Apollinare in Classe. Dal V secolo, adunque, bisogna saltare all’XI, e propriamente alla seconda metà di esso, per trovare, specie nel nostro Mezzogiorno, interessanti opere di bronzo nelle imposte delle più importanti Chiese e Cattedrali del tempo : ma queste, come abbiamo già osservato, furono prettamente bizantine di concezione, di esecuzione e di provenienza, nè se ne conosce alcun’altra di origine e fattura indigena. * * * Senonchè l’ammirazione, nel nostro paese, per le suddette imposte fu talmente straordinaria, che, dopo tanti secoli di trascuratezza e di dimenticanza dell’artificio del bronzo, d’un tratto e quasi per un improvviso impeto di passione, il sopito genio della nostra razza si risvegliava gagliardamente ed efficacemente e ci offriva nel successivo secolo tutta una serie di valve metalliche nelle porte ui altre ricche e rinomate Chiese. Or non v’è dubbio che l’incentivo a queste opere fu dato dalle imposte della prima serie venuteci dall’oriente greco, e che ad esse s’ispirarono i maestri bronzisti italiani sorti nel secolo XII : da Ruggero da Melfi a Oderisio Beneventano, da Bonanno da Pisa a Umberto e Pietro da Piacenza, sino all’artista principe di quell’epoca, Barisano da Trani ed agli altri artefici ignoti che modellarono, rispettivamente, le porte di Canosa, di Troia, di Pisa, del Battistero Laterano, di Monreale, di Ravello, di Trani, di Benevento, di S. Clemente a Casauria, di Venezia, ancora quasi tutte esistenti e rifulgenti di loro vetustà e di loro bellezza. Nè va trascurato il ricordo di altri bronzi coevi che andarono perduti nelle porte della distrutta Chiesa di S. Bartolomeo di Benevento. della Cappella Palatina di Palermo, del Duomo di Oristano in Sardegna. Or tutti cotesti battenti (e non aggiungiamo quelli di S. ZenG di Verona di derivazione tedesca) furono più o meno eseguiti in parte sulle tracce della maniera bizantina, con l’uso cioè dell’incisione, del niello e delFagemina, ma più ancora col mezzo di rappresentazioni e decorazioni a rilievo, sistema cotesto che finì col prevalere sino alla completa scomparsa, nei secoli seguenti, di ogni caratteristica del magistero primitivo. Fu quello del XII secolo per noi un risveglio veramente importante, espressione di nostro rinnovamento artistico e di elevazione spirituale : e la predilezione per le imposte di bronzo nelle Chiese e per altre opere di questo metallo fu tale che il Viollet-le-Duc fu indotto ad esclamare — quantunque con esagerazione — che nel secolo XII l’arte del fonditore toccò il punto massimo di sua alacrità.