197 guenza, sia pure indiretta, di essa ? Può essere. Certo sopra la sede gradense gravavano sinistre minacce, che, dopo il tramonto fortuna-tiano, erano diventate anche più oscure. La questione giurisdizionale era risolta, si può dire, nel convincimento dei più; l’unità aquileiese virtualmente ripristinata (1). Sul fianco di questa doleva la spina metropolitana gradense, che sembrava offendere la sua interezza. Sopratutto nel difetto di un formale statuto, la coscienza era turbata dal contrasto tra la realtà quotidiana, che attraeva i titoli istriani nell’orbita del vecchio metropolita risorto con nuova dignità, e la prescrizione canonica non abolita, che riconosceva i diritti metropolitani di Grado. Il dibattito si prolungava irrisoluto. Venerio (2), eletto dopo la morte di Fortunato, aveva implorato ed ottenuto dall’imperatore Ludovico la conferma degli ordinari privilegi nelle terre della corona, senza pregiudizio dei diritti metropolitani. La tacita rinuncia bizantina e veneta all’ Istria e il fallimento degli sforzi del defunto patriarca gradense avevano eccitato vieppiù i desideri aquileiesi a ricostituire l’antico organismo metropolitano, protetto dall’unità politico-territoriale della regione. Il patriarca Orso prima, Massenzio poi, con perseverante tenacia avevano assicurate le rivendicazioni giurisdizionali verso nord, di fronte all’arcivescovo di Salisburgo (3). Dopo la scomparsa di Fortunato, Massenzio prese l’iniziativa di ripristinare ufficialmente anche i confini a sud in modo da includere le diocesi dell’ Istria, e fece appello a presunti diritti originari, in (1) Cfr. Paschini, Sterna cit., I, 163 sgg. (2) Venerio è ricordato quale diacono da Fortunato e da lui beneficato (Documenti cit., I, 78). Eletto tra l’824 e l’825, si affrettò a rivolgersi agli imperatori franchi, con il consenso e l’appoggio dei duchi, per ottenere la conferma dei privilegi della chiesa gradense nei patrimoni istriani, e, per il tramite loro, il conferimento del pallio dal papa e il ricupero di beni distratti da Fortunato. Questo era il mandato della prima missione spedita da Venerio, subito dopo eletto, alla corte franca, nelle persone del presbitero Pietro e di prete Giusto, rappresentante dei duchi (Cfr. la lettera di Venerio, in M. G. H., Epist., V, 313 sg. ; Documenti cit., p. 79 sgg.). Essa sorti esito felice e quanto alla conferma dei privilegi, e per l’intervento presso il papa, e per il risarcimento delle indebite appropriazioni di Fortunato, conferite al nipote Domenico. In merito a queste fu dato ordine al co. Bosone di aprire un’ inchiesta (Ughelli, Italia sacra, V, 1103 ; Documenti cit., I, 81 sg.). (3) Paschini, Storia cit., I, 163 sgg.