297 with a facsimile of the symbol $. Leopold Cohn (Deutsche Litteraturzeitung, 1897, p. 1417) demurs to accepting if as a monogram for cMt(ios), but gives no other explanation. Mr T. W. Allen, who has examined the Ms., assures me that this monogram has several forms. In one of them, <$> combined with T rises from the middle of co ». Poi prosegue: «Some of the items so marked are not to be found in our Mss. of the two Etymologica edited by Photius, but all of them were probably taken from less imperfect copies of the same works (n. 2 Reitzenstein, 152L)». Al chiar.mo professore di Cambridge è sfuggita l’avvertenza del Reitzenstein pubblicata in Pauly-Wissowa, Realencyclop. VI (1907) art. Etymologika, col. 813: Dass ich früher fälschlich aus einer Sigle (cpcot) im Gudianum gefolgert habe, der Veranstalter des ganzen Werkes sei Photios selbst gewesen, wird Luigi de Stefani demnächst erweisen. 11 De Stefani infatti nell’articolo Per le fonti dell'Etimologico Gudiano, in Byzant. Zeitschrift 16 (1907) pp. 52-68 dimostrò che era impossibile conservare alle tre sigle che nel Barb. gr. 70 indicano le fonti cui hanno attinto i compilatori del cosi detto Etimologico Gudiano, il significato loro attribuito dal Reitzenstein, Gesch. der Griech. Etymologika pp. 101, 138 ss., 193. Le tre sigle :£r, ¡{l e N non significano Feoóqyios ó XoiQoßocuös, omo<; e Nwritas, ma stanno in rapporto col titolo dei tre canoni giambici di Giovanni Damasceno donde provengono i vocaboli glossati: el; rt|v XoiotcvO yevvriaiv, et; tà cpwta, slg tt)v ÌIevttixoottìv. Tale spiegazione ricordata dal De Stefani nell’articolo II lessico ai Canoni Giambici di Giovanni Damasceno secondo un ms. romano, in Byzant. Zeitschrift 21 (1912) pp. 431-435 e riconfermata da L. Cohn nella recensione all’edizione dell’ Etymologicum Gudianum del De Stefani, in Byzant. Zeitschrift 20 (1911) p. 206, è stata accolta anche dal Gardthausen, Griech. Palaeograpliie li2, p. 349 e 352, dove si cita appunto questo passo della Byzant. Zeitschrift. Del resto anche altri hanno fatto tesoro della retta interpretazione delle tre sigle data dal compianto De Stefani, ad esempio Hilgard in Berliner philol. Wochenschrift 29 (1909) p. 708, e Becker, De Photio et Aretha lexicorum scriptoribiis, Dissert. Bonn. 1909, p. 70. Però siccome l’opera del Sandys godendo di una grande autorità e larga diffusione potrebbe trarre in errore, abbiamo creduto opportuno richiamare l’attenzione dei lettori e anche di chi curerà la quarta edizione della History of classical Scholarship, sul vero stato della questione.