DAL 1878 AL 1903 il congresso di Berlino aveva imposte alla Turchia erano rimaste lettera morta; erano dunque sempre vivi e minacciosi i germi di rivolta. L’invasore turco aveva trovato le popolazioni slave suddivise in due caste: i nobili ed il popolo. Dei nobili una parte era morta nella valorosa difesa, una parte era emigrata, la rimanente fattasi musulmana erasi unita alla nuova feudalità turca nella oppressione dei soggetti. Ed i soggetti erano il popolo intero che non aveva voluto rinunciare alla sua fede e pagava i tributi. A queste disperate condizioni si dovettero, come già i moti bosniaci del 1875, i successivi di Bulgaria, di Ru-melia e di Macedonia. Ovunque imperversavano luogo-tenenti oppressori, arbitri di imporre ai cristiani tasse ed angherie esose. I tribunali turchi, sordi ad ogni reclamo cristiano, con l’ingiustizia palese e sfacciata rinfocolavano gli odi; mentre a danno degli slavi, le rappresaglie venivano sostenute dall’elemento greco che, nella lotta fra le nazionalità soggette, si affratellava all’oppressore. Le zone della massima agitazione furono sempre quelle di Ochrida e di Monastir- Quivi i bulgari, oltre al precedente del trattato di Santo Stefano che loro assegnava tali territori, vantavano sicuri diritti antichi e ricordavano come il vescovo di Ochrida avesse conservato sempre il titolo di vescovo dei bulgari. Ma i serbi reclamavano i diritti del possesso di Duscian su quelle terre, i greci i diritti delPellenismo, ai quali era diffìcile segnare limiti precisi; e a tutti si aggiungevano gli albanesi, tendenti ad espandersi nella Macedonia occidentale. Era questa la regione ove più che altrove mancava ogni sicurezza pubblica, il teatro classico delle gesta dei briganti greci, tur- 101