VICENDE E PROBLEMI DEI BALCANI
manni o greci o angioini di Napoli; ma verso la metà del XV secolo, dopo la morte di Duscian, staccatesi come tante altre dal regno serbo, si erano volute ancor esse organizzare in forma monarchica. Però nella sostanza prevalse ancora la divisione in tribù che dall’epoca primitiva, ed anche poi, fin presso ai nostri giorni, fu la caratteristica di questa strana nazionalità. I romani l’avevano rispettata; i barbari l’avevano per così dire accentuata, temprando la resistenza delle popolazioni, le quali ripiegandosi sui monti si erano istintivamente distribuite per tribù. L’esempio della grandezza realizzata dai serbi con Duscian aveva bensì invogliato il paese a crearsi un regime ordinato, di forma monarchica; ma i principi nazionali eletti dal popolo non furono altro che capi locali, in continue lotte o contestazioni per l’egemonia della propria casa nel governo del paese: il turco (1371) sorprese perciò l’Albania in uno stato di completa anarchia e, dalle sue prime invasioni, l’ebbe, almeno in apparenza, soggetta (salvo Durazzo che rimase ai veneziani fino al 1479). La reazione non tardò tuttavia a manifestarsi da parte degli albanesi, aiutati dai veneziani; e verso la metà del XV secolo un tal Giorgio Castriota detto Scan-derbeg, figlio di un potente signore di Croia (città delle montagne centrali, albanesi), educato a Costantinopoli, recatosi in mezzo ai suoi seppe infocarli d’amor patrio a trascinarli contro l’usurpatore delle antiche libertà. Il moto rivoluzionario sorprese i turchi che furono espulsi anche dai centri ove già si erano fortificati, e poi da tutto il paese. Scanderbeg, continuando nelle azioni di guerra, seppe tenere lontano l’invasore dal territorio patrio per ben venticinque anni (1443-1468), lasciando al popolo al-
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