VICENDE E PROBLEMI DEI BALCANI 2. Mobilitazione e rottura (ott. 1912). Il i° di ottobre i quattro stati balcanici dichiaravano assieme di iniziare la mobilitazione, « sentendosi minacciati dai concentramenti » che, con la scusa di manovre annuali, la Turchia stava effettivamente facendo nella piazza forte di Adrianopoli. E la mobilitazione procedeva poscia nel più grande entusiasmo nazionale. Subito le grandi potenze intensificarono l’azione loro per evitare, se fosse possibile, la guerra. Si ebbe il giorno 5 un tentativo russo-francese, promosso dal presidente del consiglio francese Poincaré il quale, promettendo di interessarsi direttamente alle riforme macedoni, dichiarò alle popolazioni balcaniche l’assoluta intenzione di mantenere lo statu quo- Ma le nazioni balcaniche si sottrassero abilmente alle strette delle diplomazie europee; queste infatti, per essere ascoltate, avrebbero dovuto presentarsi, anziché con promesse, con un’azione positiva, facendo applicare di fatto le riforme da tanti anni invocate; il che non sarebbe stato possibile a causa degli antagonismi tra le stesse potenze. Fallito l’estremo tentativo della diplomazia europea, il turco ebbe ancora una mossa disperata: richiamò in vigore la vecchia legge del 1880, fatta in seguito al congresso di Berlino. Questo aveva stabilito che la Porta dovesse elaborare per i vilayet europei un regolamento amministrativo da sottoporsi all’approvazione di una commissione internazionale. Quel regolamento era stato di fatto a suo tempo elaborato come previsto dal trattato di Berlino e reso di pubblica ragione quando fu applicato alla Rumelia orientale; ma era di poi rimasto lettera morta. Gli stati balcanici furono subito concordi per sventare la 142