DAL 1920 AL 1933 tesa la Jugoslavia doveva anche essere un baluardo contro la cresciuta potenza e la temuta espansione dell’Italia. Senonchè il regno serbo-croato-sloveno, cresciuto oltre ogni speranza, fu preso da megalomania; ed alle aspirazioni su terre austriache (Klagenfurt), ungheresi (Bara-nia), rumene (Banato), albanesi (Scutari) ed italiane (Istria, Fiume e l’intera Dalmazia) aggiunse anche l’ambizione di primeggiare come potenza adriatica. Di qui rivalità verso l’Italia ed attriti continui- La Francia assecondò il pericoloso giuoco del governo di Belgrado, spingendolo a sempre più intensa preparazione militare. Il trattato di Rapallo del 1920 era stato da parte dell’Italia una prova di spirito pacifico e transigente: nell’atto di dare assetto ai confini italo-jugoslavi esso aveva impostato anche un regolamento per la convivenza internazionale e per la protezione delle minoranze nei territori di popolazione promiscua. Esso cominciava infatti con queste parole : « Il regno d’Italia ed il regno dei serbi, croati e sloveni, desiderando stabilire fra di loro un regime di sincera amicizia e di cordiali rapporti per il bene comune dei due popoli, ecc. ». E dopo aver definiti i confini passava (negli articoli 6 e 9) a direttive circa i rapporti finanziari ed economici fra i due paesi e alla definizione dei diritti da riconoscersi ai cittadini italiani che eleggessero a loro dimora la Dalmazia, salvaguardandone la lingua, la religione, i titoli di studi, ecc., così da offrire veramente alle minoranze una possibilità di vita nazionale anche fuori del territorio della madrepatria. Ma pochi in Italia si illusero che malgrado la evidente convenienza materiale, il vicino regno fosse dal trattato indotto a migliori consigli. I rancori antichi, ravvivati dai troppo recenti contrasti italo-croati, furono mantenuti 16 241