DALL’IMPERO ROMANO AL 1815 l’Istria e le Caravanche includendo tutta la Sirmia; serbi si allargarono sulle terre a sud della linea Sava-Una e, poco a poco, si stanziarono nelle terre ora dette Bosnia, Erzegovina, Dalmazia meridionale, Montenegro. La Serbia propriamente detta, posta fra Danubio, Drina (danubiana) e Morava (di Pristina), presto si estese più a sud, sull’altipiano di Cossovo fino alla catena dello Scardus (Sciara Dag) che la separa dal bacino del Vardar. I Serbi vennero così a confinare con gli illirico-slavi di Macedonia. Prese subito forma concreta la tendenza — fatalità geografico-storica che caratterizzerà mai sempre la storia serba — a spingersi verso sud, ossia verso l’Egeo, verso il grande porto naturale di Tessalonica o Salonicco. La storia di questi popoli segna una importante evoluzione sul finire del IX secolo, quando essi abbracciano il cristianesimo, a ciò particolarmente spinti dalla intensa e rapida propaganda dei loro apostoli Cirillo e Metodio (867-889). Erano allora croati e serbi governati da « giu-pani », principi nazionali che ricevevano però una investitura dall’imperatore d’oriente. Nella conversione al cristianesimo questi principati slavi cercarono di affrancarsi da ogni vincolo che li tenesse alla dipendenza, fosse pure soltanto ecclesiastica, di Roma o di Costantinopoli. Nella sua azione complessa il cristianesimo diede una coesione nuova a quei popoli ancora barbari, e le prime idee di costituzioni nazionali; dalle quali nacque insieme l’impulso all’espansione. I serbi mirarono subito alla Macedonia, ma urtarono nelle resistenze del popolo bulgaro che già ne aveva preso padronanza. I croati invece invasero la Dalmazia che già da due secoli tormentavano con le loro scorrerie. Dal secolo VII al IX la Croazia ebbe a soffrire i do- 15