DALL’IMPERO ROMANO AL 1815 autonomia di governo e di leggi; ma fra i patti conclusi il solo salvatosi fu quello di non avere guarnigioni turche nel territorio dei principati- Nel fatto ben presto il sultano affidò a ricchi greci i governi di Moldavia e di Valacchia, mettendo all’asta le cariche e lasciando ai migliori offerenti il diritto di imporre tributi. Al che si aggiunse tosto una forzata incetta di fanciulli destinati ad alimentare il corpo dei giannizzeri, guardie del sultano, fatte poi strumento di angheria contro il loro stesso paese. È facile immaginare come tali sistemi provocassero moti insurrezionali. Il più importante di questi fu capitanato da un principe valacco, Michele detto il Bravo, che, sul finire del secolo XV, uccisi o scacciati i turchi dal territorio, riuscì in breve a costituire un esercito nazionale dei due principati. Con questo, passato ih Danubio, sconfisse l’esercito turco mandatogli contro, realizzando il sogno delle genti rumene. Le discordie intestine e le gelosie degli spodestati distrussero l’opera sua, ma essa rimase nella tradizione dei popoli balcanici di origine romana come un programma per l’avvenire, ed il suo nome fu invocato sempre dai patrioti rumeni come simbolo dell’invocata indipendenza nazionale. Nuovamente scissi come prima, tornata la Transil-vania mancipia deH’Ungheria, i due principati si sotto-misero nuovamente al sultano. Sprazzi di vigore emanarono ancora dalla loro storia, ma più che altro l’idea nazionale già impersonata da Michele il Bravo si sviluppò fra il Danubio e il Nistro nella coscienza, nella lingua e nella letteratura del popolo, preparando i frutti per l’avvenire. 33