DAL 1920 AL 1933 blema della sua costituzione era molto difficile; altre difficoltà derivavano dalla cupidigia sia della Grecia che della Jugoslavia. Entrambe si erano poste subito all’opera per costituirsi delle basi adriatiche rispettivamente nell’Albania meridionale e nella settentrionale, come se l’Italia non avesse sempre lottato, prima della guerra e durante la guerra, per escluderne il predominio di altre potenze. Lasciammo l’Albania dopo la partenza del principe di Wied e l’occupazione italiana di Valona, e accennammo alle occupazioni greche e serbe di territori albanesi, nonché alla conseguente dichiarazione dell’Italia (luglio 1915) che ogni decisione sull’Albania dovesse essere rinviata alla conclusione della pace; diciamo ora brevemente degli avvenimenti che fecero seguito. A tagliare corto a tutte le pretese che, guerra ancora durante, si venivano accampando, l’Italia fece dal generale italiano Ferrerò solennemente dichiarare, il 4 di giugno 1917 in Argirocastro, che essa assumeva la garanzia dell’unità e dell’indipendenza di tutta l’Albania. Il proclama fu accolto con fiducia dalla grande maggioranza del popolo albanese, il quale ben comprendeva come l’Italia non potesse spingersi fino a fissare i confini, per i quali si aspettavano le decisioni dei trattati di pace. Purtroppo nel dopoguerra il governo italiano tenne una politica assai meno conseguente e ferma- La stanchezza della guerra, le gravi complicazioni insorte per Fiume e per l’Asia Minore, il prevalere di partiti sovversivi, la debolezza dei governi parlamentari che si succedettero dal 1919 al 1922 portarono l’Italia a deplorevoli rinunzie e ad una fatale incuria dei suoi interessi proprio in questo settore della regione adriatica e balcanica, che doveva più d’ogni altro starle a cuore. Di fronte alle 137