62 e operare nelle terre venete e nelle terre istriane. Oltre i confini i Longobardi non perseguitavano e non tolleravano l’intervento di quell’alta autorità romana, che era considerata nemica. Nè fulmini, nè lusinghe, che partissero da Roma, ebbero libero accesso verso capi e gregari o verso le folle : ancora una volta la rabbia straniera diventò utile strumento a favore dei seguaci dello scisma per difendere la loro fede e per resistere agli allettamenti romani. Tra questo perenne ondeggiare, in mezzo a questo disagio, maturava l’inevitabile. I suffraganei istriani abdicarono ai voleri e alle insinuazioni romane. Il metropolita gradense fu ridotto a solitario abbandono, con pochi gregari, e tra quelli, che stavano di qua e di là dall’aspro confine, s’interpose una profonda antitesi spirituale. La politica ravennate o non seppe resistere, o si oppose assai fiaccamente. Si era parlato di riscatto, anche a prezzo di sangue, dei territori usurpati dallo straniero ; di riunire tutte le forze romane per un’azione concorde. L’esarca Romano avrebbe dovuto compiere il miracolo. Con scarsa sensibilità era aiutata, o male contrastata, l’attività di forze negative, specialmente religiose, che sospingeva molti devoti del nome romano a preferire la servitù straniera per non incontrare i rigori della persecuzione indigena. La scarsa energia di Romano (1), la tolleranza del successore Callinico (2), facili a eccitare il temperamento bellicoso dei Longobardi, lasciarono sviluppare all’interno, tra i Romani, sudditi o no, germi distruttori. Eppure sarebbe stato più che mai necessario cementare in salda unità quanti vivevano nell’orbita dell’ideale romano ; sarebbe stato più che mai necessario mantener viva la fiamma della romanità tra gli irredenti ; sarebbe stato più che mai necessario assicurarsi la fede, la simpatia e il concorso di questi. Così non fu. Gli uomini di governo di Ravenna, pur tra scatti di insofferenza, spesso dannosi e inopportuni, non seppero reagire agli intrighi ecclesiastici più pericolosi, che minacciavano l’unità spirituale della penisola. Ciò che avveniva lungo il confine orientale, in forma diversa e per motivi diversi, ma collegati ad analoga mentalità, si ripeteva anche altrove. Due correnti disgregatrici turbavano la serenità della vita italica, l’una straniera, la Longo- (1) Epist. Greg., II, 45, V, 56. (2) Epist. Greg., IX, 141, 148.